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Alien: Romulus, la recensione: come la produzione ha rovinato ció che sarebbe un gioiello tecnico

A metá agosto scorso è uscito il nuovo capitolo della saga di Alien, Romulus. Inutile dire che lo aspettavo come si aspetta l’acqua nel deserto, quindi nonostante non vada spesso al cinema, questo me lo sono voluto vedere il giorno dell’uscita. E con audio in spagnolo, che per un qualunque italiano che abbia mai visto un qualsiasi film doppiato in spagnolo, non è una cosa scontata.

Tanto per darvi un po’ di contesto in modo che siano piú chiare le mie valutazioni, io sono un super appassionato di Alien. Il primo capitolo della serie l’ho visto decine di volte, il secondo pure, e sono tra quelli che hanno apprezzato molto anche il terzo. In generale non vedo l’ora che escano nuovi lungometraggi (anche una serie non sarebbe male, se ben gestita) che diano piú informazioni sulla storia dello xenomorfo.

Nonostante non sia ancora riuscito a terminarlo, trovo che Alien: Isolation, videogame su questo universo che lo stesso Alien: Romulus cita, sia davvero ben fatto a capace di farti saltare dalla sedia (se anche voi adorate rischiare l’infarto questo articolo fa per voi).

Quindi possiamo dare come assodato che se la mia opinione su questo film dovesse essere sbilanciata, lo sarebbe presumibilmente in positivo. E invece così non è. Ma partiamo dal principio.

Trama

Dopo lunghe ricerche, una nave della Weyland-Yutani ritrova i detriti della Nostromo e tra di essi un bozzolo contenente lo xenomorfo che ne ha sterminato l’equipaggio.

Alcuni mesi piú tardi, la protagonista Rain Carradine e il fratello Andy (che in realtá è un androide recuperato e riprogrammato dal padre di Rain prima di morire) scoprono che il periodo di lavoro nella colonia è stato prolungato dalla compagnia e non possono quindi uscire dal pianeta.

Nel frattempo un gruppo di suoi vecchi amici formato da Tyler (ex-findazato di Rain), Kay (sorella di Tyler), Bjorn (cugino di Tyler e Kay) e Navarro (sorella adottiva di Bjorn), scopre in orbita un relitto abbandonato che contiene capsule di criostasi sufficienti a permetterere loro di scappare e raggiungere Yvaga, un pianeta che garantirebbe condizioni decisamente migliori. Chiedono quindi a Rain di aiutarli visto che la collaborazione di Andy, in quanto sintetico della compagnia, sarebbe fondamentale per accedere al relitto.

Non voglio fare spoiler per quanto riguarda la trama, ma devo avvisarvi che per quanto riguarda il resto della recensione sará fondamentale svelare parti importanti del film, quindi se non volete anticipazioni, vi consiglio di recuperare la pellicola prima di proseguire.

Per il momento possiamo dire che i ragazzi riescono ad accedere alla nave Reneissance che è divisa in due parti, Romulus e Remus. Quest’ultima è la parte a cui i protagonisti attraccano. Riescono a recuperare le capsule e successivamente, a seguito del recupero del carburante criogenico essenziale per il loro funzionamento, un nutrito gruppo di facehuggers si scongela. Dopo che uno dei ragazzi viene infettato e portato a bordo della navetta, alcuni rimangono sulla stazione Remus e nella confusione generata dalla fuoriuscita del chest buster, la navetta finisce per schiantarsi nell`hangar della Romulus.

I sopravvissuti sulla Remus dovranno quindi attraversare tutta la stazione per cercare di raggiungere la navetta prima di impattare sugli anelli del pianeta. Rook, un sintetico del reparto scientifico che i protagonisti hanno riattivato, li aiuterá a patto che loro accettino di trasportare sul pianeta e riconsegnare dei campioni alla compagnia, in modo da portare a termine la sua missione.

Cosa c’è di incredibilmente meraviglioso in questo Alien: Romulus?

Voglio cominciare con le cose che ho trovato positive, e direi anche molto positive, perchè a guardare invece le cose che non funzionano sembrerebbe che io voglia demolire completamente il film.

Cominciamo con la regia. Il regista uruguaiano Fede Alvarez (che ho scoperto essere lo stesso regista di Millennium: Quello che non uccide, che io ho semplicemente adorato) si esprime in un lavoro magistrale. Alcuni movimenti e scelte di inquadratura si fanno notare per ricercatezza e tecnica, ma non esagera mai. Per la maggior parte del tempo la regia è trasparente ed asservita alla guida dello spettatore, sempre pulita e molto chiara. Anche nelle scene d’azione piú concitate non ci si perde un solo dettaglio.

Il taglio stilistico viene dato fin da subito, con la panoramica verticale che passa dal mostrare gli scienziati della Compagnia che si allontanano, fino all’interno del guscio vuoto con la sagoma dell’alieno. Durante la visione ritorneranno di tanto in tanto scelte registiche interessanti, ma davvero imperdibile è in primo luogo la scena della sparatoria a gravitá zero verso la fine del secondo atto, per evitare che l’acido intacchi il sottile strato di scafo che separa i protagonisti dal vuoto.

Dopodichè, seppur breve, è degna di nota anche la scena in cui Rain sta sfuggendo al mezzo alieno/mezzo ingegnere alla fine del terzo atto e in cui c’è una perdita di combustibile criogenico. L’insieme di nebbia, luci ed ombre scaricano sullo spettatore un vividissimo senso di urgenza e tensione.

La regia ad ogni modo riesce a colpire anche grazie alla fotografia, curata da Galo Olivares, che elabora lo stile utilizzato da Derek Vanlint nell’Alien del ’79, nonstante in quello le atmosfere fossero molto piú intime e claustrofobiche, mentre in questo Romulus ci si trovi ad affrontare lo xenomorfo in spazi decisamente piú ampi. Luci taglienti e contrasti netti concorrono aumentare la drammaticitá e la risposta emotiva dello spettatore, ma credo che la caratteristica piú bella sia piuttosto l’uso del colore.

Le diverse tonalitá scandiscono il susseguirsi degli spazi e gli spostamenti dei protagonisti, ma quasi mai con l’uso di dominanti. Si trovano invece accostamenti equilibrati e la tonalitá della pelle rimane naturale. Il risultato è una maggiore immersivitá che non viene disturbata da un senso di filtro applicato in post produzione.

La deliziosa ciliegina su questa gustosa torta tecnica è data infine dal comparto audio. Come giá dicevo in testa all’articolo, ho visto questa pellicola in italiano, in inglese e in spagnolo, quindi giá a partire dal mixaggio posso dire di aver apprezzato l’audio in tutte e tre le versioni. Sia la visione in sala che quella domestica non sono state guastate da dialoghi incomprensibili o da effetti spaccatimpani, perció direi molto ben fatto.

Ma è proprio la scelta dei temi e dei ritmi che accompagnano la parte visiva che è davvero da apprezzare. Come per la regia, musiche ed effetti non sono mai invasivi e servono a sottolineare la narrazione in maniera originale e mai ripetitiva. In questo caso, l’audio fa davvero da collante per tutto ció che vediamo a schermo. Le musiche sono infatti state curate da Benjamin Wallfisch, che tra le altre cose ha lavorato alle musiche di Blade Runner 2049 di Denis Villeneuve insieme ad Hans Zimmer.

Sempre stando in tema di cose positive, veniamo alla recitazione. Posso dire di aver apprezzato il lavoro di tutti gli attori coinvolti nel cast di Alien: Romulus. Non so se perchè ben diretti, non so se perchè talentuosi, ma tutti gli interpreti sono sempre ben calati nei rispettivi personaggi. C’è peró da fare una menzione speciale per quanto riguarda Cailee Spaeny, che interpreta la protagonista Rain, e David Jonsson, nel ruolo del fratellastro Andy.

La prima riesce a portare un personaggio tipico della saga: la protagonista forte che supera le proprie paure per sopravvivere agli xenomorfi. La saga di Alien e i suoi prequel, con la Ellen Ripley di Sigourney Weaver, la dott.sa Elizabeth Shaw di Noomi Rapace e la Daniels di Katherine Waterson, hanno sempre fatto un buon lavoro con delle protagoniste forti e indipendenti ma mai stereotipate.

In questo ruolo peró, la Spaeny riesce a rielaborare il personaggio per cucirlo su di una ragazza giovane, con meno esperienza delle sue precedenti controparti. In generale, il film intero è un’ottimo adattamento generazionale che vuole evidentemente rivolgersi ad un pubblico piú giovane, e in questo il lavoro dell’attrice è eccellente.

Per quanto riguarda il ruolo del sintetico Andy, bisogna tenere in considerazione che ai fini della sceneggiatura, il personaggio è inizialmente un’automa difettoso con la unica direttiva di proteggere la protagonista. Compito che viene svolto (e descritto dall’attore) con grande insicurezza e goffaggine, spesso dando ad intendere che sia Rain a difendere Andy anzichè il contrario.

Successivamente, l’androide viene aggiornato con un disco preso da un altro sintetico del reparto scientifico trovato all’interno della stazione abbandonata. A quel punto il personaggio affronta una brusca evoluzione che l’attore rende meravigliosamente, con un repentino adeguamento della postura, dell’atteggiamento, dell’uso delle mani e degli sguardi. C’è da dire che nel caso della versione italiana, si puó notare una netta differenza anche a livello di doppiaggio.

Come ultima cosa assolutamente da menzionare, oltre ai facehuggers che in questo film vediamo attaccare in massa, l’aspetto degli xenomorfi, molto ben curato. Ho visto qualcuno storcere un po’ il naso per via dell’effetto metallico/traslucido dei denti, ma nonostante possano ricordare dei trapper con un eccesso di salivazione in questo senso, io ho apprezzato moltissimo la resa generale del loro character design.

Ma allora cosa c’è che non va in questo film?

Ecco che veniamo alla parte amara di questo articolo. Purtroppo, come molte produzioni recenti che si sono dimostrate tecnicamente molto valide, il grosso dei problemi è imputabile alla scrittura. Sembra che molte pellicole (o serie) siano spesso mosse piú da logiche di profitto che artistiche. E quando si arriva alla questione sceneggiatura, purtroppo ció che fa davvero la differenza sono le idee, cosa di cui spesso questi prodotti sono carenti.

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Una cosa che a livello di scrittura posso dire di aver apprezzato è data dalla presentazione della Weiland/Yutani come una compagnia che pubblicizza se stessa promotrice di miglioramenti per l’umanitá quando in realtá ció che cerca è solo il profitto, una interessante critica al capitalismo sfrenato. Ma questa è una prerogativa di ogni prodotto di questo universo narrativo, in cui la Compagnia è sempre stata la unica vera antagonista della storia, quindi non la si puó accreditare tra le cose originali di questa scrittura.

Tolto questo elemento, purtroppo la scenegiatura di Alien: Romulus è quanto meno traballante. Come detto, ci sono dei personaggi per lo piú ben scritti, ma molte scelte hanno davvero poco senso. È il caso del ritrovamento dello xenomorfo del primo Alien, che viene ritrovato cristallizzato all’interno di una specie di roccia alla deriva in mezzo ai resti della Nostromo. Credo che con un po’ piú di impegno si sarebbe potuto trovare un altro espediente narrativo per far partire la storia. O forse ci si è voluti concentrare sul fan service e questo è stato l’unico modo che hanno trovato per tirare in ballo la nave del primo film.

Il fatto poi che un alieno che è stato fatto allo spiedo e arrostito ai motori di una navetta debba trasformarsi in una sorta di fossile (in un ambiente privo di gravitá) è una cosa al di fuori di ogni logica. Senza contare che la storia lascia a intendere che, cosa ancora piú priva di senso, la creatura sia di fatto ancora viva e una volta ripresi i sensi sia stata la causa dello sterminio a bordo.

Un altro esempio di scrittura superficiale è rappresentata dalla gravidanza di Kay, che non viene per nulla approfondita. Non viene specificato esplicitamente chi sia il padre del bambino e, temo in maniera erronea e involontaria, il copione suggerisce maldestramente che il padre sia in effetti il cugino di Kay: Bjorn. Lungi da me giudicare, per l’amor di Odino, ma l’effetto bizzarro e disorientante che ne risulta, insieme al fatto che Bjorn è l’antipatico comedy relief della storia, rompe un po’ l’immersione orrorifica del resto della vicenda.

Sembrerebbe che lo stesso Alvarez abbia confermato la cosa, dicendo che si tratta di un elemento delle prime stesure in cui i due non erano cugini e che alla fine si è deciso di lasciare ugualmente.

Poi il gruppo spiega a Rain il piano per ottenere le capsule per la criostasi e dice di aver scoperto una stazione spaziale nell’orbita del pianeta, e in quanto spettatore mi sono palesemente sentito preso in giro. Volete farmi credere che una stazione delle dimensioni del monte Everest, con all’interno esemplari e campioni biologici il cui recupero è da secoli il principale scopo della Compagnia che possiede la stazione stessa, entra casualmente nell’orbita di un pianeta miniera sempre di proprietá della Compagnia di cui sopra, e nessun altro se ne accorge? Non un segnale d’emergenza? Nessun sistema di allarme di prossimitá? Nemmeno un polverosissimo radiofaro che si faccia sentire dalla stazione?

Capisco il compromesso della sospensione di incredulitá, ma nel terzo film i dati dei sensori a pavimento della Sulaco sono stati inviati alla Compagnia prima che la navetta di emergenza se ne staccasse. Anche la radiografia di Ripley viene inviata e la Compagnia arriva con la cavalleria prima della fine del film. Davvero qui si è riusciti a glissare così tranquillamente su questa voragine di sceneggiatura?

Ci sono poi una serie di elementi che rompono un po’ l’esperienza; come Bjorn che resta tranquillamente sdraiato a morire mentre dell’acido gli gocciola addosso anzichè rotolare via; Tyler che muore come un idiota perchè Rain ritiene che consolare Kay sia piú importante che fare la guardia; un ascensore costruito su una nave spaziale che non è pensato per funzionare in assenza di gravitá; oppure gli alieni che si fanno intimorire dai fucili come se sapessero cosa sono e cosa fanno.

In Aliens: Scontro Final, perlomeno la sceneggiatura ce lo giustifica perchè Ripley dimostra alla regina quali sono le proprietá di un lanciafiamme, mentre qui si da semplicemente per scontato che gli xenomorfi siano abbonati alla rivista Caccia&Pesca.

O ancora il fatto che il piano del sintetico Rook per completare la sua missione dipenda dal fatto che la navetta riporti il composto sul pianeta, ma l’androide apparentemente si dimentica di bloccare il controllo remoto e Rain lo disabilita semplicemente premendo un pulsante.

Altra cosa che, lo ammetto, è molto efficace nel generare tensione, ma non ha per niente senso, è il fatto che se la navetta rileva una falla tra lo scafo e la stiva di carico, disattiva il pilota automatico rischiando di finire schiantata sugli anelli del pianeta.

Queste, tra le altre, sono le cose che in questo film non tornano e che sono da imputare principalmente ad una scrittura pigra, apparentemente piú preoccupata di farcire la pellicola di fan service, come quando Andy sparando ad uno xenomorfo cita il secondo film dicendo “maledetta!“, che nel doppiaggio italiano non ha senso perchè non si capisce in base a quali elementi Andy dovrebbe attribuire il genere femminile allo xenomorfo che ha appena terminato di abbattere.

Il problema piú grande di Alien: Romulus

Direi quindi di avviarci verso la conclusione con l’elemento che maggiormente taglia le gambe a quest’opera, e che volutamente ho lasciato per ultimo: il personaggio di Rook, il sintetico antagonista, che credo per via di una pessima scelta produttiva si è deciso di farlo interpretare dallo stesso Ian Holm che interpretava Ash nel primo Alien.

Probabilmente vi starete chiedendo “ma Ian Holm non era morto?“. Evidentemente questa banalitá del decesso non deve essere parsa un ostacolo poi così insormontabile alla produzione, che decisa ad ignorare le difficoltá tecniche date dal far interpretare un personaggio ad un attore morto riprodotto in computer grafica, nonchè le problematiche etiche che ció comporta, manda in sala un risultato che dire scarso, penoso e povero è dir poco.

La cosa assurda è che non c’è alcuna motivazione a livello di trama per giustificare tale scelta. Non è come se si avesse avuto la necessitá di inserire una scena ambientata sulla Nostromo del primo film in cui l’apparizione dello stesso Ash serve a spiegare un’evoluzione degli eventi. Sappiamo altresì che i sintetici possono avere aspetti diversi, dato che sono stati interpetati di volta in volta da attori diversi, e non possiamo nemmeno pensare che quello di Ash all’epoca degli eventi di Alien: Romulus fosse l’unico modello disponile vista la presenza di Andy.

Quindi la scelta di riprendere l’aspetto dell’attore che, oltre che per il primo Alien, è noto ai piú soprattutto per l’interpretazione di Bilbo Baggins ne Il Signore degli Anelli, è stata dettata probabilmente dalla convinzione che avrebbe spinto la fanbase ad uno sfrenato autoerotismo in sala.

Quanto al risultato poi, definirlo pessimo e ai limiti del ridicolo è poco. L’effetto finale è posticcio e irreale ed è impossibile non soffermarsi sui movimenti della bocca che appaiono totalmente innaturali. Tutta l’area della bocca sembra fuori contesto, incollata su di una testa che giá di per sè non puó in alcun modo essere messa in relazione con i visi del resto degli attori. Ogni volta che si assiste ad un botta e risposta tra i personaggi e Rook sembra di vedere un montaggio tra due film diversi.

Come si puó vedere nell’immagine seguente, confrontando la zona degli occhi con quella della bocca, possiamo notare proprio due diverse risoluzioni dell’immagine. E non si tratta di motion blur, perchè la scena non lo giustifica. Il personaggio è praticamente immobile e l’unica parte in movimento è la bocca. Per non parlare del fatto che a nessuno degli altri personaggi succede durante una normale conversazione e di conseguenza l’effetto risulta estremamente raffazzonato.

Come aggravante, non si è nemmeno deciso di limitarsi ad un cameo: Rook è di fatto l’antagonista, quindi fondamentale per la storia e spesso presente negli eventi rappresentati. Non si è tentato neppure di nascondere la computer grafica con la regia o con la fotografia. Le inquadrature su Rook sono sempre dirette, mai rapide, ben illuminate e con un abbondante uso di primi piani.

In definitiva, una pessima scelta produttiva, che in questo periodo di fermento circa intelligenza artificiale, performance capture e diritti degli attori, dovrebbe riportare l’attenzione sull’etica oltre che sui diritti di tutti i lavoratori di settore (e delle rispettive famiglie). Non posso sicuramente parlare per la famiglia dell’attore britannico che ci lasciava nel giugno del 2020, che avrebbe dato la propria autorizzazione. Apprezzo sicuramente la delicatezza con cui il regista ha trattato la cosa, che a quanto ho potuto leggere ha avuto molta cura per la sensibilitá delle persone coinvolte.

In generale, pubblico e critica hanno decisamente condannato questa decisione, trovandola alquanto di cattivo gusto. E con la battaglia del sindacato Sag-Aftra che dopo quasi due anni entra in una nuova fase con il caso League of Legends dello scorso fine settembre, la questione delle performance attoriali postume è molto attuale e presente.

Conclusioni

Non posso non apprezzare questo film. Come amante della serie, quello che si è realizzato con questo Alien: Romulus è un prodotto indubbiamente tecnicamente valido, capace di immergere lo spettatore nelle migliori vibes che i punti piú alti del franchise hanno toccato a partire dall’idea originale di Ridley Scott. Sicuramente c’è stato molto impegno da parte di tutte le maestranze artistiche che nel complesso hanno realizzato brillante in quanto a look visivo e comparto audio.

Purtroppo non si puó proprio sorvolare sulle problematiche narrative e sulle carenze a livello di sceneggiatura che a causa di una scrittura superficiale e poco attenta ai dettagli crea diversi buchi di trama ed offre una storia che in molti momenti fa perdere l’immersione allo spettatore, o perlomeno ad uno spettatore con capacitá intellettive superiori a quelle di un koala. Magari del koala piú acuto della sua specie, ma pur sempre un koala.

Ad ogni modo, se siete in dubbio e non sapete sapete se vedere Alien: Romulus oppure no, il mio consiglio è quello di dare al film una possibilitá. Quanto meno sarete meravigliati dal look visivo e terrorizzati nei momenti di maggior tensione, perchè è una cosa che la pellicola riesce a fare e a farla bene.

Per quanto riguarda i suoi punti deboli, se siete giunti fin qui con la lettura saprete dove guardare e potrete quanto meno farvi un paio di risate.

Alien: Romulus
REGIA
8
SCRITTURA
3.5
COMPARTO TECNICO
6
DIREZIONE ARTISTICA
7.5
CAST
7.5
Pros
Regia Interessante
Fotografia e comparto audio sempre ben calibrati
Ottima recitazione dei protagonisti principali
Cons
Scrittura abbastanza debole
Eccesso di fan service
Personaggio interpretato da un attore deceduto inserito senza alcun motivo e per di piú con una CGI terribile
6.5
VOTO
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Marcus Miles

Appassionato di videogiochi fin dall'infanzia, dategli un puzzle game o uno story driven con dei begli enigmi e si galvanizza, ma se gli parlate di FPS multiplayer online si addormenta. Ha messo le mani su pc e console a partire dall'Atari 2600 e attualmente gioca su XBox Series X. Potete trovarlo anche su Instagram e YouTube, su cui porta avanti un canale a tema videogames che si chiama La Tana di Yoshi. Vive in Andalusia e oltre ad essere un scarso ma appassionato bassista, è istruttore di kitesurf.

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Marcus Miles
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