Furiosa: A Mad Max Saga è il primo spinoff della famosa serie cinematografica firmata da George Miller. Quattro anni di produzione e realizzazione da parte di un regista che, nonostante i suoi ottant’anni, non smette di avere pieno potere decisionale sulla serie che lo ha reso famoso sin dal 1979. A sua volta, la saga di Mad Max non smette di essere d’ispirazione per molti cineasti e creatori ancora oggi, non solo del genere action.
Furiosa, tuttavia, è il primo suo lavoro ad avere come protagonista un personaggio secondario, forse il più amato del precedente Fury Road. Un ulteriore film che vuole dare più spazio alle donne e al contempo mantenere vivo lo spirito di una saga lunga più di quarant’anni.
Quindici anni prima degli eventi di Fury Road, la giovane Furiosa delle Molte Madri viene rapita dal folle Dementus. Dopo averla separata dalla sua casa e ucciso sua madre, il folle signore della guerra girovago la porta con sé nelle Terre Desolate, rendendola partecipe delle sue sanguinarie scorribande.
Dopo mesi e mesi passati a vagare, l’esercito di Dementus entra in contatto con la Cittadella, governata dallo spietato Immortan Joe. Costretta tra due fuochi, desiderata da entrambi, Furiosa dovrà ritrovare da sola la strada per la sua libertà, da semplice schiava a Imperatrice della Cittadella.
George Miller non ha mai nascosto il suo desiderio di voler rendere il suo Interceptor un film muto, in cui l’atmosfera sarebbe stata la vera protagonista e i semplici sguardi tra gli attori i veri dialoghi. Scelta molto azzardata, soprattutto in un film action, ma data la fama che gode ancora oggi questa saga, seppur non alla pari di blockbuster come Il Signore degli Anelli o Star Wars, si potrebbe dire che il gioco sia valso la candela.
Come il suo collega francese Villeneuve, Miller sa che il cinema è un’arte visiva, e come tale deve sorprender gli occhi dello spettatore prima delle orecchie. Per questo, e spiace dirlo, il precedente Fury Road lo dimostra più rispetto a questo questo Furiosa. Causa di questa gravosa imperfezione è l’utilizzo marcato di effetti visivi (creati in post-priduzione) anziché speciali (realizati sul set).
In Fury Road, se escludiamo la Cittadella, la tempesta di sabbia e la cancellazione dei supporti per gli stunt, ciò che vedevamo sul grande schermo era reale, e ciò aumentava l’effetto di meraviglia nello spettatore. Qui invece, come si evinceva già dal trailer, il lavoro della computer grafica è molto più presente.
A tratti si vorrebbe aggiungere anche fastidioso. Le esplosioni, i veicoli che si inseguono a vicenda, persino gli animali sono rivestiti di una CGI palese che fa perdere allo spettatore una piccola parte della tensione. Dispiace parecchio perché, in compenso, le scene d’azione sono perfettamente girate, con il solito ritmo frenetico alla George Miller che non lascia mai nulla al caso.
Lo stile di narrazione è piacevolmente lento, mai prolisso, permeato da una tinta epica come l’Odissea che vuole raccontare. Un viaggio dell’eroe, o meglio dell’antieroe… dell’antieroina in questo caso, sporco e brutale. Perché Furiosa è una sopravvissuta e una guerriera proprio come Max Rockatansky, ridotta all’unico istinto di sopravvivere, oltre a quello di vendicarsi.
Proprio come il suo comprimario maschile, anche lei è stata traumatizzata da un lutto che non è riuscita a elaborare e che, forse, l’ha fatta impazzire. Che sia anche questa storia, come molti teorizzano lo siano tutti i film di Mad Max dopo il primo, non quello che vediamo in realtà ma un viaggio nella mente malata del personaggio principale? Una teoria accentuata anche dal fatto che molti attori tornino con ruoli diversi. Al solito, George Miller non darà mai una risposta.
Si può dire anzi che Furiosa non spiega tutto ciò che accade: numerosi saranno i tagli temporali, anche di diversi giorni, in cui si lascerà allo spettatore la possibilità di capire da solo come si è arrivata ad una determinata situazione.
Questo “narrare per immagini” di George Miller è evidente nelle sue singolari scelte di character design. Possiamo capire molto di un personaggio, o anche interessarci a lui, ancor prima che questo parli, o anche senza che parli affatto.
Basta mostrare vestito elegante ma sgualcito, un completo da motociclista con tanto di corna sul casco o una veste bianca che nasconde un corpo coperto di tatuaggi per farci capire quale archetipo sarà in questa storia o che ruolo avrà nell’epopea di Furiosa.
Anya Taylor-Joy risulta una perfetta ottima pre-Charlize Theron, con una profondità che non ha bisogno di essere spiegata con lunghi dialoghi, ma solo con i suoi occhi pesantemente espressivi. Interessante notare che, nei cinque atti in cui si divide il film, Furiosa parli principalmente nel primo e nell’ultimo, probabilmente per mostrare la sua apertura emotiva da una parte nell’età della sua innocenza, dall’altra durante il climax, quando ormai ne è rimasta ben poca.
In compenso, personaggi secondari, soprattutto antagonisti, saranno caratterizzati da lunghi e tracotanti monologhi, in cui si nota come gli interpreti si divertono ad elargirli. Primo fra tutti il Dementus di Chris Hemsworth, il perfetto opposto di Furiosa. Un antagonista che riesce ad essere carismatico, intimidatorio e al contempo intrattenente.
Certo, avremmo potuto fare tranquillamente a meno di alcuni dialoghi, soprattutto nel precedentemente citato climax, in cui ci viene sbattuta in faccia la classica dicotomia eroe-cattivo che in realtà nasconde in piena vista una similitudine.
Come coi precedenti film, questo è tranquillamente usufruibile senza aver visto alcun altro capitolo della saga. Certo, non mancheranno citazioni, silhouette che strizzeranno l’occhio agli spettatori di vecchia data e luoghi che sono stati solo citati in Fury Road e che qui verranno esplorati.
Seguendo alcuni accorgimenti, sembra che Miller abbia addirittura reso semi-canonico il videogioco del 2015 che tanto critica, con collegamenti a diversi personaggi in esso presenti. Una scelta singolare, dato che ora sembra in procinto di collaborare con Hideo Kojima per la realizzazione di un videogioco ambientato nel mondo di Mad Max.
Certo, la CGI è più presente di quanto avessimo sperato. Certo, noi vecchi fan di Mad Max avremmo preferito avere una mezza dozzina di linee di dialogo in meno. Certo, come si evince dal box-office, non a tutti potrebbe interessare uno spinoff di un personaggio secondario di un film che già ha incassato poco al botteghino.
Ma alla fine, così come il precedente che a dispetto dei bassi guadagni è riuscito a guadagnarsi una solida fanbase, anche questo ha ottenuto la sua fedele fetta di pubblico. Perché quello che conta è lo spettacolo in toto. E lo spettacolo di questa saga epica postmoderna vale qualche sbuffo in sala.
Furiosa, Mad Max e George Miller ci hanno sempre mostrato che, dopo strade impervie in terre desolate, scontri con banditi spietati e con i nostri stressi dubbi, possiamo trovate il nostro posto nel mondo. Se anche ora facciamo lo stesso, superando quei tralasciabili difetti, otterremo un film d’autore per nulla “mediocre“. Anzi, da ammirare.
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