Recensioni

Suicide Squad: Kill the Justice League, la recensione: chi sono i veri criminali?

Era il lontano 2009 quando una giovane Rocksteady pubblicò quello che è ancora ad oggi uno dei migliori videogiochi a tema supereroistici che questo medium abbia mai visto, Batman Arkham Asylum.

Seguendo l’indelebile scia lasciata da esso, vennero rilasciati nel corso degli anni successivi altri due capitoli, Arkham City e Arkham Knights, che ne migliorarono la forma e la struttura, riuscendo con successo a rendere giustizia al mondo dell’uomo pipistrello e consacrando Rocksteady come uno degli studi di sviluppo più talentuosi di quel tempo.

Pochi anni dopo l’uscita di Arkham Knights, si misero al lavoro su un titolo che avrebbe portato avanti quell’universo con un nuovo filone narrativo, questa volta non più dedicato a Batman bensì all’amata Suicide Squad.

Ancora una volta sotto il publishing di Warner Bros, è stato rilasciato lo scorso 2 febbraio l’omonimo videogioco con tanto di sottotitolo “Kill the Justice League“: ecco a voi la recensione.

Una città in guerra

Il tutto ha inizio in una Metropolis in totale stato di assedio da una misteriosa entità aliena chiamata Brainiac, che guida le sue massicce operazioni di invasione dalla sua imponente nave teschio che aleggia solennemente sopra i palazzi della città.

Ma oltre alle sue truppe d’assalto e ai suoi immensi tentacoli tecnologici, il più grande potenziale distruttivo di Brainiac non risiede in delle “armi” nel senso stretto del termine, bensì in determinate personalità di Metropolis.

Si tratta nientemeno che di Superman, Batman, Flash e Lanterna Verde, quattro dei cinque leggendari eroi della Justice League che, in qualche modo, sono stati corrotti dai poteri psichici di Brainiac, divenendo quindi malvagi nei confronti della stessa umanità che avevano sempre difeso.

Per contrastare tale minaccia apparentemente inarrestabile, la leader di A.R.G.U.S. Amanda Wallare si ritrova a doversi affidare ad un gruppo di scappati di casa provenienti direttamente dalla prigione di Arkham: sto parlando di King Shark, Deadshot, Mr. Boomerang e Harley Quinn, che insieme andranno a comporre la Task Force X, meglio conosciuta come Suicide Squad, data la missione “suicida” che si trovano a dover affrontare.

Con l’aiuto di Wonder Woman, l’unico membro della Justice League ancora sano, dovranno trovare il modo per sconfiggere gli altri quattro eroi, per indebolire Brainiac e neutralizzarne la più grande minaccia.

Quindi, inizierà un lungo e pericoloso percorso che li porterà ad avere a che fare con alcune dei personaggi più importanti della città del calibro de il Pinguino, Gizmo o Poison Ivy, affinchè possano dare a modo loro un contributo per aiutarli in questa maniacale impresa.

Ridere o non ridere, questo è il dilemma

In termini prettamente narrativi, Suicide Squad: Kill the Justice League riesce a cavarsela meglio del previsto, merito soprattutto di una caratterizzazione dei personaggi (protagonisti e non) piacevolmente sopra le righe, la quale comicità rimbalza continuamente tra volgarità e demenzialità in siparietti volutamente fuori luogo, in netto contrasto con lo stato di totale distruzione e guerriglia nel quale versa la città.

D’altronde, è proprio questo il motivo per cui sono stati scelti, per la loro personalità matta e fuori dagli schermi, che li porta a voler combattere più per divertimento che per il puro e semplice senso di sopravvivenza.

Tale atmosfera permea ogni minuto di gioco, in ogni dialogo e in ogni situazione (anche quelle più pesanti e pericolose) prima o poi arriva la battuta, la risata forzata o la scenetta inadatta: ovviamente, si tratta di una componente che può tranquillamente non essere apprezzata, ma che personalmente ho trovato azzeccata proprio perché rapportata adeguatamente allo strambo carattere dei protagonisti, in contrapposizione con la serietà e la cupaggine visti nella Arkham saga.

Al contempo, nonostante non sia il più sfegatato dei fan DC, la trama è riuscita stranamente bene a coinvolgermi per la maggior parte della campagna, grazie a qualche colpo di scena e rivelazione che, nonostante non siano nulla di trascendentale, ho trovato piacevolmente inaspettati rispetto all’incipit iniziale.

Dall’altro lato, non si possono non notare tutta una serie di problemi di scrittura, tra forzatura di vario tipo, vuoti narrativi e, soprattutto, incoerenze di sceneggiatura.

Quindi, seppur non risulti esattamente brillante in ogni aspetto, la componente narrativa è riuscita tutto sommato a fare il suo in maniera modesta, cosa che, dato il fatto che il fulcro dell’opera risiede nel gameplay, non era affatto scontata.

Il Crackdown di Rocksteady con Kill the Justice League

A proposito di quest’ultimo, Suicide Squad: Kill the Justice League si propone come un action in terza persona basato sul combat system dall’approccio estremamente dinamico: in particolare, il focus del gameplay risiede nelle meccaniche di movimento dei vari personaggi.

Infatti, il tutto andrà a basarsi sulla verticalità dell’azione, e conseguentemente sulla comprensione della spazialità delle arene: in ciò risiede anche quella che è l’unica vera sostanziale differenza d’approccio tra i vari personaggi giocabili, in quanto ognuno di essi avrà stili di traversing diversi, distinguendosi per tipologie di salto, scatto e sistemi di sospensione aerea

Ma per proseguire nell’avventura dovremo ovviamente farci strada a suon di mazzate: in tal senso sarà continuamente incentivata l’alternanza tra mosse corpo a corpo e attacchi dalla distanza con armi da fuoco e granate, al quale si vanno ad aggiungere interazioni uniche contrattacchi ed esecuzioni che, se ciclati correttamente, ci permetteranno di rigenerare costantemente lo scudo, attivare perk passivi vari ecc.

Quindi, durante le fasi di combattimento il flusso di spawn dei nemici sarà costante, il che manterrà frenetico il ritmo dell’azione dall’inizio alla fine dello scontro.

Purtroppo, il gameplay di Suicide Squad: Kill the Justice League riesce a divertire soltanto in superficie: se da un lato risulta innegabile il fatto che sia tutto effettivamente molto responsivo, soddisfacente e divertente (in particolare lo shooting), ci si rende conto dopo poche ore di gioco che il tutto pecca gravemente di profondità.

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Infatti, oltre alle meccaniche base del quale ho parlato prima si cela uno dei peggiori sistemi di progressione che io abbia mai visto: oltre al fatto che molte delle meccaniche principali che verranno presentate durante l’avventura sono tutt’altro che interessanti, l’albero delle abilità dei vari personaggi risulta gestito in maniera a dir poco criminale.

Tutti i nodi di potenziamento non saranno altro che tipologie di abilità passive da attivare compiendo determinate azioni in sequenza, solo per avere qualche vantaggio in termini statistici, come l’aumento della quantità dei danni o della velocità di ricarica, limitando drasticamente la varietà di gameplay e approccio di ogni singolo personaggio.

Proprio data la spettacolarità e la dinamicità del combat system, l’idea di forzare il giocatore a tenere sempre d’occhio simboli, numeretti e moltiplicatori in mezzo al marasma totale degli scontri è qualcosa che trovo tremendamente fuori luogo, completamente inadatto a quel genere di gameplay.

In tal senso, avrei trovato infinitamente più opportuno inserire tra i potenziamenti abilità e mosse di tipo attivo, che avrebbero offerto quel po’ di varietà che in questo caso manca quasi del tutto: infatti, anche le minacce che ci troveremo ad affrontare si limitano ad essere dei mostriciattoli viola dal design ultra generico, praticamente tutti uguali tra loro nell’estetica ma anche soprattutto nei metodi di approccio necessari per esser sconfitti.

In tutto ciò, almeno le bossfight riescono a salvarsi: oltre ad avere quel pizzico di epicità che non guasta mai, saranno strutturate su più fasi, e richiederanno non solo un sapiente utilizzo delle abilità di movimento ma anche di sfruttare al meglio l’ambiente circostante, per difendersi ed evitare gli attacchi più potenti ma anche per mettersi in posizione di vantaggio.

Purtroppo però, queste ultime si contano sulle dita di una mano, e non riescono da sole a sollevare le sorti del gioco: ma cosa si cela dietro tutto ciò? Da dove arriva questa serie di ingenuità? Il motivo è presto detto.

Perchè, Rocksteady… perchè?

Il tutto deriva dalla ahimè triste decisione da parte di Warner Bros e Rocksteady di rendere il titolo un Game as a Service, il che ha intaccato negativamente ogni singola componente di gioco, in primis la sua struttura.

Infatti, le modalità secondarie disponibili nell’open world non saranno altro che delle sensibili varianti di quelle svolte durante la campagna, con tanto di modificatori e livelli di difficoltà volti ad aumentare la rigiocabilità e la qualità delle ricompense.

Il tutto è stato ovviamente pensato per cercare di catturare il giocatore in quel ciclo di attività opzionali e componenti endgame tipico di giochi come Destiny, cosa che sbaglia completamente a fare sin dal principio: ci si ritrova quindi ad avere a che fare un delirio di percentuali, statistiche, punteggi, lootbox a fine missione e armi ed equipaggiamenti di varia rarità che non avrete mai e poi mai voglia di stare a controllare e a confrontare minuziosamente.

Questo è senza dubbio il più grande problema di Suicide Squad: Kill the Justice League, e al contempo un grande peccato: si vedeva da chilometri di distanza che tale modello non avrebbe mai e poi mai potuto funzionare per un titolo del genere, e evidenzia una certa presunzione da parte degli sviluppatori nel dare per scontato che la “forma fosse più importante della sostanza”, lanciando in faccia ai giocatori un’accozzaglia di meccaniche da live service che, invece di attirarli, non fa altro che allontanarli.

Anche al di fuori delle parti giocate si nota questa intenzione ossessiva, tra menù a tendina e negozi virtuali che pullulano di skin, sezioni notizie e avvisi sulle stagioni che fanno venire il mal di mare solo a vederli.

È come se originariamente il gioco fosse dovuto uscire intorno al 2018/2019, durante il periodo boom dei Game as a Service, ma essendo infine stato rilasciato nel 2024 si percepisce il fatto che sia uscito totalmente fuori tempo massimo.

Infatti, a mio avviso Rocksteady avrebbe dovuto tornare alla formula originale, proponendo una campagna “normale” (magari anche in cooperativa) con la struttura dei titoli della Arkham saga, niente più, niente meno.

Da Gotham a Metropolis

Spostandoci sul piano prettamente tecnico, Suicide Squad: Kill the Justice League non rappresenta sicuramente l’apice della generazione, dato che apparte la qualità dei volti e delle loro animazioni (di tutto rispetto), il resto dell’impatto grafico si attesta su livelli medi.

Texture, modelli poligonali, effetti a schermo (particellari e non) fanno il loro senza particolare infamia o lode, e danno invece spazio alla componente estetica, di livello indubitabilmente superiore: la Metropolis messa su da Rocksteady trasmette con successo il senso di devastazione nel quale versa, tra palazzi in fiamme, alte colonne di fumo, navicelle ed elicotteri che si colpisconoa vicenda e, dulcis in fundo, l’immensa nave teschio di Brainiac, che osserva dall’alto le nostre gesta con tono solenne, mentre i suoi pericolosi tentacoli seminano il panico in città.

Anche l‘illuminazione contribuisce a rendere gradevole la nostra visita a Metropolis, dato che andrà a colpirla con varie tipologie di effetti di luce che, grazie agli effetti climatici, variegano in maniera piacevole la sua palette cromatica, dalle azzurre giornate soleggiate ai tempestosi temporali serali.

Altro piccolo ma doveroso plauso va fatto alla componente tecnica e sistemistica del titolo: nonostante la spettacolarità dell’azione e il numero costantemente elevato di elementi ed effetti a schermo, l’esperienza è riuscita sempre ad essere fluida e immediata, rapida nei caricamenti, praticamente priva di cali di framerate o crash ma anche di disconnessioni o desincronizzazioni lato server.

Conclusioni

Suicide Squad: Kill the Justice League è un titolo controverso, che ha dalla sua una narrazione ed una caratterizzazione dei personaggi riuscita, un gameplay dinamico, spettacolare e divertente, ed una conduzione artistica che se la cava più che dignitosamente, oltre che ad una certa solidità tecnica.

Ma ahimè, tutto ciò rappresenta solo la punta dell’iceberg del titolo, dato che dietro a tutto ciò si cela una numerosa quantità di scelte sbagliate e ingenuità di design a dir poco imperdonabili: la struttura da live service ha contaminato negativamente ogni componente di gioco, dalla profondità del combat system al sistema di progressione, dalla varietà generale alla gestione dell’open world; risulta tutto terribilmente fuori luogo ed inadeguato, come se fosse dovuto uscire in tutta un’altra epoca.

Ad ogni modo, le sue ore di svago ed intrattenimento riesce comunque ad offrirle: io per primo non lo sconsiglierei mai a priori, bensì di recuperarlo quando calano i prezzi per dedicarvi solo ed esclusivamente alla campagna principale, facendo finta che tutto il resto non esista.

Suicide Squad: Kill the Justice League
GAMEPLAY E LONGEVITÀ
7
COMPARTO GRAFICO E SONORO
7
COERENZA E CURA DEL DETTAGLIO
5
Pros
Ben caratterizzato
Piacevolmente dinamico e frenetico
Tecnicamente solido
Cons
Completamente privo di varietà e profondità
Componenti da game as a service del tutto sbagliate, sia concettualmente che ludicamente
6.3
VOTO
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Mattia Mariano

Salve a tutti, sono Mattia, e da circa 18 anni ho un'intesa passione per il mondo dei videogiochi, e con essa mi porto dietro una forte propensione alla discussione e al dialogo il più discorsivo possibile riguardo questa incredibile arte.

Pubblicato da
Mattia Mariano
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