È ormai da qualche anno che Sony sta procedendo con la lavorazione di porting su piattaforma PC di molte delle esclusive PlayStation: dopo i vari Days Gone, Spider-Man, God of War, Returnal e il più recente The Last of Us Parte 1 è arrivato il turno di Ratchet and Clank: Rift Apart, opera sviluppata da Insomniac Games (tra i vari capitoli dello spara ragnatele) e che due anni fa venne caldamente accolta da pubblico e critica nella sua versione PS5.
Purtroppo però, la storia recente ci ha insegnato che quando si tratta di porting, anche i titoli migliori tendono a esser vittima di mala ottimizzazione, costringendo la trascurata Community PC a dover aspettare mesi affinché vengano patchati e aggiustati.
Ma senza troppi pregiudizi a riguardo, mi sono fiondato a capofitto in quello strambo universo fantascientifico: con l’aiuto di Nixxes, sarà riuscita Insomniac Games a rendere la meritata giustizia all’opera originale nella sua versione PC?
C’è solo un modo per scoprirlo: di seguito, la relativa recensione.
Dopo una vita di avventure e imprese eroiche, Ratchet e Clank si ritrovano a partecipare come protagonisti a una vera e propria parata organizzata in loro nome, per celebrare le loro gesta e festeggiare le loro vittorie, che hanno portato in salvo il mondo più volte.
Proprio durante questo evento, il robottino offrirà in regalo al Lombax (questo il nome della specie di Ratchet) un oggetto particolarmente unico, in segno della loro profonda amicizia e confidenza: si tratta del Dimensionatore, una specie di Portal Gun che permette di aprire varchi verso altri dimensioni, per dargli la possibilità di coronare il suo sogno di andare alla ricerca di altri Lombax.
All’improvviso, farà la sua entrata in scena il Dottor Nefarius, che con l’aiuto dei suoi scagnozzi riuscirà a mettere le mani sul dispositivo: nel farlo però, causerà un incidente di scala galattica che porterà le dimensioni a collassare e a mischiarsi l’una con l’altra.
Così, il nuovo obiettivo dei due protagonisti sarà quello di trovare il modo di ricucire i tessuti dimensionali: per farlo si ritroveranno a viaggiare tra i vari universi, che andranno a proporre situazioni, ambientazioni e personaggi alternativi rispetto a quelli della loro provenienza.
In tal senso, faremo presto la conoscenza di Rivet, la Lombax femmina, anch’essa impegnata a combattere proprio il dominio di Nefarius, divenuto Imperatore nel suo universo.
In una serie di vicissitudini e cambi di prospettiva, Rivet si unirà al gruppo, dato l’obiettivo comune di sconfiggere questo nemico e sistemare il disastro dimensionale.
Dal primo istante di Ratchet and Clank: Rift Apart, si percepiscono i toni estremamente fanciulleschi della narrazione, tra cutscene, dialoghi, battute caricaturali e situazioni comiche tipiche dei film della Pixar: così come vuole la natura stessa della saga, la trama non si prende mai troppo seriamente, riuscendo a intrattenere quanto deve fino alla fine della campagna.
Anzi, a tratti tale livello di infantilità risulta quasi esagerato: tra sguardi languidi, sorrisi inopportuni, sbalzi del tono vocale e persino qualche spunto di forzata drammaticità, ho vissuto determinate conversazioni con sincero e spontaneo imbarazzo, percependo la sensazione che solo ed esclusivamente da bambino avrei potuto sentirmi realmente coinvolto in quelle vicende.
Ciò si riflette anche sul carattere dei personaggi e sul loro rapporto, che vede gli eroi esser convenientemente simpatici e determinati e i nemici esser cattivi tanto per il gusto di farlo, con motivazioni e intenzioni tendenzialmente generiche e di poco impatto.
Seppur non manchino rivelazioni e colpi di scena (alcuni dei quali anche inaspettati), non ci si sente mai in pericolo, dato che il multiverso tirato su da Insomniac Games risulta talmente strambo ed esagerato che porta il giocatore ad aspettarsi veramente di tutto.
In tal senso, si ha la sensazione che tutto quanto l’incipit narrativo non sia altro che un pretesto per farci viaggiare da un universo all’altro, e offrire conseguentemente una gran varietà di situazioni, contesti e ambientazioni.
Ciò ha permesso agli sviluppatori giocare con la creatività, e di rendere quindi l’andamento delle missioni eccezionalmente imprevedibile.
Ogni volta che si atterra su un nuovo pianeta e che si procede nella missione non si sa mai cosa può succedere, in quale strano bioma verremo teletrasportati e quale folle nemico dovremmo affrontare in esso.
Dall’altro lato, spesso e volentieri la narrazione mette fretta al giocatore, ripetendogli costantemente qual è l’obiettivo principale e come raggiungerlo, sfociando in un impedimento nel godersi appieno quei contesti ambientali così particolari e variegati.
Per quanto sia possibile soffermarsi a lungo sui vari pianeti e nonostante vi sia la possibilità di tornarci anche più avanti, rimane un gran peccato il fatto che il giocatore debba forzatamente crearsi da solo dei tempi morti per farlo, cosa che non riesce minimamente a integrarsi a dovere nell’esperienza di gioco ma risultando invece in forte contrasto con la costante tensione narrativa.
Per il resto, l’avventura scorre liscia come l’olio, riuscendo a esser complessivamente così piacevole e ad ampio respiro che una volta giunti al boss finale potreste percepire un senso di vuoto e tristezza nel rendervi conto che tutto sta per finire.
Si tratta quindi di una di quelle opere la quale longevità non esattamente alta è giustificata proprio dalla intensità e dalla varietà delle situazioni di gioco, che esplodono in un tripudio di spettacolarità e azione al cardiopalma.
Dal punto di vista del gameplay, Rift Apart si pone in linea con gli altri capitoli della saga: si tratta di un action adventure in terza persona con una forte componente shooter, dove a farla da padrone saranno senza dubbio le varie bocche da fuoco che avremo modo di ottenere e utilizzare durante l’avventura.
Esse saranno un totale di 16, e andranno a proporre modalità di fuoco differenti, alcune dall’utilizzo classico (pistole, mitragliatrici, lanciarazzi ecc.) e altre ben più bizzarre e atipiche, che ci permetteranno di evocare minion o applicare effetti particolari sui nemici.
Salvo giusto un paio di casi, ogni arma riesce a essere davvero divertente da utilizzare, facendoci percepire feedback dei colpi sempre unico e soddisfacente: più ne otterrete e più vi verrà spontaneamente voglia di ciclarne l’utilizzo così da scatenare il caos in maniera sempre differente.
Purtroppo vanno segnalate un paio di problematiche a riguardo: la prima è riferita al loro sistema di potenziamento, che grazie ai cristalli di Raritarium ci permetterà di migliorarle in uno strano schema ad alveare che fa da simil skill tree.
Tali migliorie non riescono praticamente mai a esser veramente interessanti, dato che saranno quasi sempre relative a passive generiche, come l’aumento delle munizioni trasportabili o un bonus di danno ai colpi diretti.
Data la loro natura di strumenti di distruzione sensorialmente gustosi, avrei preferito un funzionamento dei potenziamenti un po’ più elaborato.
L’altra problematica riguarda una scelta di design che ho davvero fatto fatica a comprendere: il numero di munizioni sarà stranamente ridotto, e per trovarne di altre dovremo colpire e distruggere alcune casse sparse in giro.
Personalmente, mi sono sentito in troppi casi costretto a dover cambiare arma contro la mia volontà o a mettermi a cercare munizioni in giro, spezzando in maniera sgradevole l’ottima fluidità generale degli scontri: a mio avviso, questo aspetto risulta più una forzatura di gameplay innaturale piuttosto che un ulteriore incentivo a usare armi sempre diverse.
Un’altra piccola nota dolente riguarda il tipo di minacce che dovremo affrontare: nonostante la loro grande varietà, alla fine le affronteremo bene o male sempre allo stesso modo, e per nessuna di esse sarà richiesto un tipo di approccio diverso.
In particolare, va segnalata una ridondanza inspiegabile di miniboss, praticamente sempre e solo di un’unica tipologia.
A variegare l’esperienza pad alla mano ci pensa la componente platform: quando non saremo impegnati a sconfiggere orde di nemici o boss, dovremo superare una serie di percorsi e ostacoli tramite l’ausilio di meccaniche di movimento abbastanza semplici, come il doppio salto, la planata, il dash aereo, la corsa sui muri e il rampino.
Molte di queste sezioni saranno brevi, e circoscritte a momenti ben precisi: tra queste spiccano in particolare determinate corse contro il tempo a dir poco mozzafiato, registicamente e scenograficamente spettacolari.
Ovviamente, non si tratta mai di niente di troppo elaborato bensì di sequenze estremamente semplici e lineari, piene di script e automatismi che permettono al giocatore di godersi appieno la loro incredibile bellezza visiva.
Come se tutto ciò non bastasse si vanno ad aggiungere parti di gioco nel quale entreremo nei panni di altri personaggi come Clank e il robottino Glitch che andranno a incrementare variazioni al gameplay, come la risoluzione di enigmi e altri generi di combattimenti.
Nonostante la predominanza della componente shooter, questo insieme di sequenze differenti sottolinea una varietà encomiabile anche sotto il punto di vista del gameplay: come già detto in precedenza, in nessun caso è richiesta una chissà quale forma di abilità.
Quindi, la difficoltà complessiva risulta tendenzialmente molto basso: ciò rende evidente la volontà di Insomniac di valorizzare l’avventura per quello che è, rendendola accessibile a tutti e senza proporre per forza chissà quale livello di sfida o profondità strutturale.
Ma Rift Apart non è solamente l’insieme delle sue missioni principali, dato che alcuni dei pianeti che visiteremo andranno a proporre aree di gioco open map: qui avremo modo di compiere varie attività secondarie, come vere e proprie missioni e sfide opzionali ma anche la raccolta di varie tipologie di collezionabili, come costumi, infobot e altro.
Ovviamente, l’ampiezza di queste mappe risulta alquanto ridotta, e potremo navigarle in lungo e in largo velocemente: quindi anche dal punto di vista del completismo secondario, Insomniac ha puntato tutto sull’immediatezza, sacrificando volutamente ogni tipo di lungaggine o diluizione dei contenuti, bensì offrendo un’esperienza complessiva breve ma mai stancante.
Per quanto sia tutt’altro che un completista, mi sono ritrovato a raggiungere il 100% delle attività completate quasi senza rendermene conto: inutile quindi dire quanto abbia trovato azzeccata tale scelta, soprattutto di questi tempi.
Dal punto di vista visivo c’è poco da dire: il lavoro svolto da Insomniac sulla resa estetica generale è a dir poco sorprendente, soprattutto per quanto riguarda le ambientazioni.
Oltre ad appartenere a biomi sempre diversi, l’utilizzo sapiente dei colori e dell’illuminazione dipinge un quadro artistico con i controfiocchi, al quale si aggiunge una densità davvero alta non solo di generici NPC (abitanti, negozianti ecc.) ma anche di ulteriori elementi in movimento come macchinari in funzione, creature/navicelle volanti e tanti altri dettagli ambientali simili, che le rendono tra le più vive e attive degli ultimi anni.
Eccezionali anche i modelli dei personaggi e le loro animazioni, sia per quanto riguarda le espressioni facciali ma anche e soprattutto i movimenti del corpo: durante i combattimenti sono rimasto a dir poco sconvolto dalla quantità immane di micro-animazioni dei nemici.
Tra rimbalzi, tremolii e vibrazioni relativi a colpi subiti, stordimenti di vario tipo avremo davvero la sensazione di star veramente spargendo il panico tra le loro fila con le nostre armi.
In tutto ciò, vi sono comunque determinate superfici (specialmente quelle naturali come erba, terriccio e acqua) le quali texture risultano leggermente slavate rispetto al resto: considerata la bellezza complessiva dell’aspetto visivo, tali imperfezioni rischiano di saltare all’occhio più di quanto non dovrebbero.
Purtroppo, una nota ben più dolente di questa riguarda senza dubbio l’ottimizzazione del software.
Nonostante l’installazione su un SSD, la promessa dei caricamenti superveloci non è stata mantenuta: dall’inizio alla fine del gioco, il mio PC (di fascia medio alta) non solo ci ha messo svariati secondi a avviare la partita dal salvataggio, ma soprattutto non è riuscito mai a rendere fulminei i cambi di ambientazione quando si passa da un portale dimensionale all’altro.
Quindi, invece di fluire come avrebbe dovuto, mi è capitato più volte di dover assistere a un Ratchet che, nello spazio di intermezzo tra una dimensione e l’altra, si ritrova a svolazzare nel vuoto per più tempo del previsto.
A parte questo, ho comunque fatto una fatica non indifferente a renderlo quantomeno giocabile, dati gli abbondanti e bruschi cali di framerate che, soprattutto nelle sequenze più movimentate e con tanti elementi a schermo, hanno persino fatto crashare il software più volte.
Quindi, anche con Ratchet and Clank: Rift Apart Sony, Insomniac e Nixxes hanno dimostrato un certo disinteresse sulla qualità dei loro porting, perdendo l’occasione di sfruttare appieno le potenzialità della piattaforma PC che, data la bellezza e la qualità complessiva dell’opera, avrebbe potuto regalare un’esperienza ancor più speciale.
Ratchet and Clank: Rift Apart sottolinea e conferma il talento creativo di Insomniac Games, proponendo un’avventura fantascientifica spensierata e divertente ma anche variegata, intensa e spettacolare, dal comparto visivo sorprendente e dal gameplay dannatamente divertente.
Inoltre, l’esperienza non si perde in inutili attività di troppo, diluizioni di gameplay o proponendo chissà quali sfide impegnative, risultando quindi piacevolmente accessibile e immediata.
Dall’altro lato, la componente narrativa esagera un po’ nel suo esser volutamente infantile, non tutte le meccaniche funzionano esattamente nel migliore dei modi e gli aspetti puramente tecnici risultano sporchi e poco rifiniti.
Ma nonostante tali imperfezioni e ingenuità di sviluppo, Ratchet and Clank: Rift Apart rimane un’esperienza assolutamente gradevole, da papparsi “in un sol boccone” e da godersi senza pensieri, pretese o distrazioni.
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