Se c’è una cosa che il gaming ci ha insegnato è la scostante periodicità generale delle pubblicazioni, che porta il medium ad essere denso di uscite in un certo periodo ed estremamente povero in un altro.
È stato questo il caso dei primi mesi del 2022: infatti, videoludicamente parlando quello di febbraio è stato uno dei più ricchi degli ultimi anni grazie a due colossi come Elden Ring e Horizon Forbidden West, mentre quelli successivi lo sono stati decisamente meno.
Ma come sempre non tutti i mali vengono per nuocere, dato che la recente mancanza di chissà quale importante uscita ci ha permesso di interessarci e focalizzarci su opere minori, che altrimenti sarebbero passate del tutto inosservate: è questo il caso di Trek to Yomi, sviluppato da Wild Flying Hogs e pubblicato da Devolver Digital su tutte le piattaforme lo scorso 5 maggio.
Trek to Yomi è ambientato in un tranquillo villaggio del Giappone, durante il periodo Edo, tra il XVII e il XVIII secolo: qui, il giovanissimo protagonista Hiroki si sta allenando nel Dojo per iniziare il suo percorso di apprendimento da samurai insieme al suo sensei Sanjiro, sequenza nel quale ci verranno insegnate le basi del combat system.
Da un momento all’altro però, il suono delle campane d’allarme e le lontane urla degli abitanti interrompono tale addestramento: infatti, un grosso manipolo di briganti è stato mandato da un nemico sconosciuto a mettere a ferro e fuoco proprio il loro centro abitato.
Ovviamente, il maestro Sanjiro decide di fondarsi all’entrata per aiutare gli abitanti a respingere l’attacco nemico, raccomandandosi con il protagonista di nascondersi per poi fuggire: quest’ultimo però, sentendosi in dovere di aiutarlo, prende l’iniziativa di seguirlo, venendo nel frattempo raggiunto da Aiko, sua coetanea e figlia di Sanjiro.
Dopo una rocambolesca corsa e qualche scontro con alcuni briganti, i due si ritroveranno faccia a faccia con il comandante delle forze nemiche, Kagerou: così, Hiroki prova ad intraprendere una battaglia con lui, venendo però rapidamente sconfitto.
Così, Sanjiro si porrà tra i piccoli e Kagerou stesso: dopo un velocissimo scambio di colpi, riuscirà a sconfiggere il comandante nemico rimanendo però ferito mortalmente.
In quel momento, con le sue ultime forze esalerà i suoi ultimi respiri confidando ed assegnando ad Hiroki un compito di vitale importanza: passare il resto della vita al fianco di Aiko per proteggere lei ed il resto del suo popolo da qualsiasi minaccia futura.
Nonostante tale responsabilità, il richiamo della vendetta risulta troppo invitante per il protagonista, che dopo una manciata di anni lo porterà a voler intraprendere un percorso di redenzione per rendere giustizia al suo maestro, scovando i responsabili della sua morte e facendogliela pagare.
Questo sancirà l’effettivo inizio di Trek to Yomi e del viaggio di noi giocatori nei panni del protagonista.
In termini puramente narrativi, la trama di Trek to Yomi non riesce praticamente mai a spiccare il volo, in quanto sia le premesse alla base degli eventi che i loro sviluppi risulteranno piuttosto scontati. I risvolti narrativi più avanzati porteranno il nostro protagonista ad avere a che fare con aspetti psicologici e tematiche filosofiche relativi al proprio essere e al concetto di destino, arrivando a raggiungere persino il sovrannaturale, elemento che ci ha coinvolto solamente in parte.
Nonostante sia quindi privo di reali guizzi narrativi, diventa palese praticamente subito che il lato narrativo di Trek to Yomi non sia altro che un pretesto per approfondire il contesto folcloristico giapponese di quel periodo, non tanto in termini prettamente storici bensì per regalarci un’atmosfera ed un livello di immersione da un punto di vista soprattutto sensoriale.
L’opera si propone infatti come un enorme omaggio ad un filone cinematografico ben preciso, il quale il maggiore influente fu il regista giapponese Akira Kurosawa, verso la metà del secolo precedente: proprio come nei suoi film, la composizione visiva risulta priva di colore bensì realizzata in bianco e nero e sfumature di grigi, con tanto di effetto grana.
Ma la cosa che rende evidente in modo ben più chiaro tale influenza riguarda proprio la regia e la gestione delle scene a schermo: infatti, ogni singola sequenza di gameplay è caratterizzata da una serie di stili registici diversi che andranno ad alternarsi continuamente, con telecamere ad angolo fisso ed a rotazione, piano sequenza vari, inquadrature panoramiche (a diversi gradi di isometria) ed altre che seguono i movimenti del protagonista, scorrendo sia lateralmente che in profondità.
Nonostante il focus del viaggio in Trek to Yomi siano le gesta di Hiroki, ciò che cattura l’attenzione nel modo più netto è proprio la resa scenografica delle ambientazioni e degli eventi che avvengono in essi, che rappresenta senza alcun dubbio il punto più alto dell’intera produzione: il modo in cui Wild Flying Hogs è riuscita a comporre artisticamente le varie sequenze è semplicemente eccezionale, catturando alla perfezione la drammaticità degli eventi ed incorniciando una lunga serie di quadri in movimento spettacolari.
Campi che bruciano, torri che crollano, soldati che combattono ed abitanti che si nascondono sono solo alcuni degli eventi che avverranno a schermo nel background, nei primi piani e in generale nei vari livelli di profondità. Inoltre, nonostante l’avventura sia generalmente piuttosto intensa, non mancheranno momenti di pace e contemplazione, dosati con precisione per permettere al giocatore di assaporare questa atmosfera dai toni solenni.
Quindi, lo stile registico collabora con quello scenografico per regalare una messinscena complessiva dall’impatto audiovisivo notevole, sorretto tra l’altro da un sound design ed una serie di temi musicali all’altezza.
Purtroppo però, la questione cambia durante le cutscene narrative, che rendono evidente una resa dei volti e delle animazioni da vicino (in particolare quelle facciali) tecnicamente povera, troppo al di sotto rispetto alla cura riposta nella ricostruzione degli scenari.
Inoltre, seppur le intenzioni estetiche siano palesi ed assolutamente inattaccabili, siamo convinti che un po’ di colore in più avrebbe permesso agli sviluppatori di rendere maggiore giustizia alla varietà estetica delle ambientazioni e di proporre giochi di luce ed altre prodezze artistiche (relative all’illuminazione) ancor più d’impatto.
Spostandoci sul piano prettamente ludico, il gameplay di Trek to Yomi si baserà solo ed esclusivamente sul suo combat system bidimensionale: con la nostra katana potremmo colpire i nemici con attacchi leggeri, pesanti ed una combo dei due, ma anche deflettere i colpi nemici per sbilanciarli ed ucciderli. Ad essa si andranno ad aggiungere determinate armi a distanza ed oggetti da lancio, che avranno la funzione di consumabili (da raccogliere in giro) dalla diversa utilità.
In termini di movimento potremmo correre ed eseguire attacchi in slancio, rotolare per schivare alcuni attacchi nemici e cambiare l’orientamento del protagonista tramite l’apposito tasto, da gestire tramite la barra della stamina.
Il tutto purtroppo riesce a funzionare solo discretamente: se all’inizio potremmo percepire una certa soddisfazione nello sconfiggere con stile ed abilità i nemici, molto presto diventerà tutto alquanto ripetitivo e privo di effettivi stimoli pad alla mano.
Molte delle combo che Hiroki apprenderà durante l’avventura saranno inutilmente complicate da eseguire, in quanto basteranno spesso e volentieri quelle base (e quindi le più semplici) per sconfiggere qualsiasi nemico, il che rende evidente non solo uno squilibrio nella distribuzione delle possibilità di attacco ma anche scompensi in termini di potenza.
Persino i nemici, per quanto vengano presentati in modi diversi, risultano pressoché tutti uguali nello stile di attacco e nelle animazioni, con davvero troppe poche eccezioni: il fatto che i combattimenti avvengano sempre e solo bidimensionalmente costringe i nemici a muoversi sulla linea orizzontale del protagonista in modo del tutto innaturale ed artificioso, mentre la loro scarsa coordinazione nell’attaccarci (lo faranno uno alla volta) impedisce alle battaglie di fluire elegantemente.
Vanno inoltre notificate diverse imprecisioni tecniche negli impatti, data una cura visivamente approssimativa delle hitbox sia delle armi che dei modelli: tutte queste ingenuità impediscono al gameplay di risultare effettivamente variegato/divertente da un lato, e impegnativo/challenging dall’altro.
Va ammesso il fatto che i combattimenti riescono ad essere tutto sommato soddisfacenti quantomeno da vedere, proprio considerato il resto del contesto ambientale e narrativo nel quale ci ritroveremo ad affrontarli, in particolare per quanto riguarda le boss fight, di medio/basso livello nel gameplay ma visivamente spettacolari.
Vi è inoltre anche una piccola componente esplorativa in Trek to Yomi, dato che molte delle sequenze al di fuori delle battaglie permetteranno al giocatore di spostarsi anche nella terza dimensione: spesso e volentieri vi saranno quindi delle aree contenute come stanze segrete, percorsi alternativi ed altri tipi di vicoli ciechi, nascosti con particolare sapienza ed acume nel level design.
Qui, oltre ad assistere ad sprazzi visivi aggiuntivi degli scenari, potremo trovare una lunga serie di collezionabili, come quadri, oggetti particolari, statuine ecc. di riferimento alla cultura giapponese ed alle leggende di quel folclore, le quali descrizioni andranno proprio ad approfondirne il contesto: per quanto non si tratti di chissà quale picco di design in termini di esplorazione/ricompensa, ci ha fatto particolare piacere riuscire a trovare praticamente tutto, regalandoci quel senso di soddisfazione in termini di completismo che non guasta mai.
Trek to Yomi si presenta come un drammatico viaggio di redenzione e vendetta, che passa attraverso lunghe fasi di riflessioni alla ricerca di sé stessi e del proprio destino, e lo fa tramite una serie di dialoghi, passaggi ed avvenimenti tendenzialmente privi di mordente ed un combat system monotono e poco equilibrato.
Eppure, se doveste dimenticarvi i nomi dei personaggi o le varie tecniche di battaglia, sicuramente non succederà lo stesso con la bellezza degli scenari e la resa estetica degli eventi a schermo, che vi rimarranno impressi per la loro raffinatezza e realizzazione artistica: ciò regala al giocatore un grado di immersione ed un’atmosfera audiovisiva notevole, che rende dignitosamente onore al contesto folcoristico giapponese.
Questo è quindi uno dei casi nel quale il team di sviluppo ha deciso di concentrarsi quasi del tutto su una singola componente, dedicando ad essa un livello di cura ben superiore rispetto a tutte le altre: se in futuro Wild Flying Hogs dovesse riuscire a ricalibrare le priorità e a gestire meglio ogni aspetto, siamo sicuri che riuscirà a regalarci emozioni ben più grandi.
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