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Cattivi Solo di Nome #2 – Edgar Balthazar

Dopo Lady Tremaine, torniamo a parlare di cattivi ingiustamente definiti tali usciti fuori da un classico Disney.
Stavolta è il turno di Edgar Balthazar, antagonista del film Gli Aristogatti del 1970.

Come forse avrete intuito dal precedente articolo, i Disney Villainous si dividono i tre grandi categorie: gli st***zi rancorosi (come Grimilde in Biancaneve e Malefica in La bella addormentata nel bosco); i cattivi perché sì (Rattigan in Basil l’investigatopo e Shan-Yu in Mulan); e quelli che hanno ragione, cui appartiene anche il caro Edgar.
Tuttavia, se per Lady Tremaine potevamo dare per scontati alcuni aspetti del suo background, in quanto bastava dire che era la matrigna di Cenerentola per avere ben chiaro il personaggio, con Edgar bisogna invece fare un veloce sforzo di sintesi.


Il nostro è un maggiordomo di una certa età al servizio di Madame Adelaide Bonfamille, cantante lirica in pensione. Per lei si occupa di qualsiasi mansione domestica, dalla pulizia dell’intera magione (non certo un appartementino) alla preparazione dei pasti, finanche la cura completa dei preziosi gatti di casa, dai quali è molto amato per via dell’estrema premura e abilità nella preparazione dell’esclusiva crema di crema alla Edgar. Il tutto, va detto, mantenendo sempre un atteggiamento ineccepibilmente cordiale e allegro. Non lo sentiremo mai lamentarsi di un ordine ricevuto, simbolo di dedizione e professionalità sviluppate in decenni di onorabile (ma non onorata) carriera.
Sarà proprio la mancanza di un riconoscimento adeguato – ossia la decisione della padrona di lasciare l’intera eredità ai gatti di casa – a far crollare la fedeltà del maggiordomo e istigarlo a liberarsi degli animali.

Edgar e il classismo borghese

Gli Aristogatti è ambientato nella Francia del 1910, epoca in cui la casta aristocratica si avviava verso l’inesorabile declino in favore della nuova classe emergente: i borghesi.
Questi erano dei liberi professionisti (mercanti, artisti, medici, avvocati) arricchitisi grazie alla propria abilità nel lavoro e negli affari, a differenza dei nobili di nascita che dovevano le loro ricchezze a eredità ancestrali ed erano spesso incapaci di gestire il denaro per conto proprio (o almeno così lasciava intendere Fëdor Dostoevskij nel romanzo Il giocatore del 1866).
Madame Adelaide, nonostante il titolo del film in cui compare possa trarre in inganno, appartiene proprio alla classe borghese, essendosi guadagnata fama e fortuna grazie alle proprie abilità nel canto e nella danza, sebbene quest’ultime fossero drammaticamente inferiori a quelle del suo avvocato – e probabile ex-amante – George.
Edgar appartiene invece alla classe proletaria, ossia coloro che possiedono potere economico solo sui propri figli (la prole, appunto).
Ciò lo rende in tutto e per tutto dipendente dalla padrona, rendendolo un servo, più che un lavoratore, ma questo non gli importa: si illude infatti che, grazie al proprio impegno e alla propria dedizione, un giorno potrà emanciparsi e godere dei frutti del proprio lavoro.
Praticamente l’incarnazione del “sogno americano“.

Madame Adelaide, però, la pensa diversamente.
Lei dà per scontato il lavoro di Edgar; il solo atto di stipendiarlo (e non è detto che il lavoro di Edgar venga retribuito) è più che sufficiente.
Non ritiene di dovere nulla al maggiordomo, ignorandone la lealtà e la cortesia e recependone unicamente l’utilità che il suo ruolo e la sua abilità gli conferiscono.
Lui è un servo, e tale deve rimanere anche dopo che lei sarà trapassata.
Ovvio che una persona così egoista devolva la sua intera fortuna non a chi se lo merita, bensì a un’estensione di sé. E non avendo parenti in vita, identifica questa estensione con i suoi gatti, ossia degli esseri che, per loro stessa natura, possono solo essere serviti, ma non servire.

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Comprensibile che il povero servitore sia contrariato dall’atteggiamento naïf della padrona, ma nonostante tutto non si spinge mai a gesti estremi come l’omicidio (gatticidio?), limitandosi a fingere la scomparsa dei suoi “rivali in affari“.
D’altronde, vedersi negare il giusto compenso dopo decenni al servizio di una svampita come Madame Adelaide avrebbe fatto salire il sangue al cervello a chiunque.
Pensandoci bene, Adelaide avrebbe potuto benissimo devolvere a Edgar il patrimonio ponendo come condizione che continuasse a prendersi cura degli amati gatti come ha sempre fatto. Tanto, con i soldi ricevuti, avrebbe potuto a sua volta delegare il compito a un nuovo maggiordomo.
Almeno all’inizio, Edgar si dimostra assai paziente con i quattro felini, provando al massimo un leggero fastidio per alcuni loro atteggiamenti esuberanti, gli stessi che proverebbe chiunque nel vedere il proprio gatto poggiarsi sulla tastiera del computer.
Difficile che, per la giusta cifra, smettesse di curarsi di loro dopo così tanto tempo.

Qualcuno potrebbe asserire che non gli sarebbe costato nulla prendersi cura delle bestie fino alla loro morte, per poi reclamare l’eredità come stabilito dal testamento. Ma i gatti vivono in media dai 12 ai 18 anni, ed è probabile che il maggiordomo si sia fatto un paio di conti, giudicando più probabile una sua dipartita precedente a quella di Duchessa e figli.
Dopotutto parliamo di un uomo di una certa età costretto ogni giorno a svolgere centinaia di attività domestiche in un edificio enorme.
Morire dopo decenni di incessante lavoro senza possibilità di godersi la meritata pensione per colpa di quattro gatti, è un prezzo che anche il più ostinato amante degli animali farebbe fatica a pagare, figuriamoci un anziano signore dei primi del ‘900, epoca in cui i diritti degli animali non erano ancora stati inventati.

Come Lady Tremaine, anche Edgar è vittima di un contesto sociale che lo vincola in una posizione di sudditanza, e come la matrigna di Cenerentola è costretto ad arrecare danno agli innocenti per ottenere un trattamento adeguato.
Tuttavia, se la madre di Anastasia e Genoveffa non è mai stata correttissima, Edgar resta invece a bocca asciutta nonostante un comportamento che definire virtuoso sarebbe riduttivo, a simboleggiare un mondo ingiusto in cui chi nasce ricco muore ricco e chi nasce servo muore servo, alla faccia della Livella di Totò.

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Vittorio Pezzella

Cercò per lungo tempo il proprio linguaggio ideale, trovandolo infine nei libri e nei fumetti. Cominciò quindi a leggerli e studiarli avidamente, per poi parlarne sul web. Nonostante tutto, è ancora molto legato agli amici "Cinema" e "Serie TV", che continua a vedere sporadicamente.

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Vittorio Pezzella
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