John Ronald Reuel Tolkien e Walter Elias Disney sono stati due creativi rivoluzionari nei loro ambiti.
Il primo, britannico, professore di letteratura all’Università di Oxford e filologo di nota fama, ha dato vita al simbolo della letteratura fantasy per come la intendiamo oggi: Il Signore degli Anelli.
Il secondo, americano, di più modesta istruzione ma ben più ardimentoso atteggiamento, è considerato il padre dell’animazione occidentale, e la compagnia da lui fondata insieme al fratello Roy è oggi una delle multinazionali più conosciute, potenti e temute del globo.
Ciò che permise a Walt di sfondare nel mondo del cinema e nell’industria dell’intrattenimento in generale fu la sua innata capacità di fiutare il talento altrui e sfruttarlo oltre i limiti dell’umana decenza.
Il suo amore per l’arte lo spingeva a una continua ricerca di famosi creativi per legarli al nome della sua casa produttrice.
Celebre, ad esempio, la sua collaborazione con Salvador Dalí, con il quale lavorò nel 1945 al corto animato surrealista Destino, che però vide la luce solo nel 2003.
Meno amichevole fu invece il rapporto con la scrittrice Pamela Lyndon Travers, che letteralmente perseguitò per ottenere i diritti del personaggio di Mary Poppins.
Allo stesso modo, cercò diverse volte di avvicinare il creatore degli hobbit per realizzare un adattamento animato del suo capolavoro letterario, ma lo scrittore non nascose mai la sua antipatia nei confronti del papà di Topolino. Un’antipatia che aveva come punto focale i nani.
Il 1937 fu una data storica per il genere fantasy. A dicembre venne pubblicato il primo romanzo ambientato ufficialmente nell’universo di Arda, Lo Hobbit. Appena tre mesi dopo uscì Biancaneve e i sette nani, il primo lungometraggio animato della storia del cinema.
Tolkien, accompagnato dall’amico Clive Staples Lewis, creatore delle Cronache di Narnia, andò a visionare questo prodigio della tecnica, che però non gli piacque per niente.
Riguardo Walt e i suoi lavori, lo scrittore avrebbe detto la sua in risposta alla lettera di una fan datata 1964:
Ne riconosco il talento, ma mi è sempre sembrato irrimediabilmente corrotto. Sebbene nella maggior parte delle creazioni dei suoi studi ci siano passaggi ammirevoli o affascinanti, il loro effetto su di me è di disgusto. Mi danno la nausea.
Tale era l’avversione provata per lo stile Disney, da fargli rifiutare le proposte di illustrazione per l’edizione tedesca de Lo Hobbit realizzate da Horus Engels perché “troppo disneyane”, esplicitando in un’altra lettera due particolari che lo disturbavano:
Bilbo con il naso a patata e Gandalf come una figura volgarmente comica invece del viandante odinico che ho immaginato.
In quest’ultima lettera si possono intuire quelli che sono i motivi della repulsione dello scrittore per lo stile Disney.
In quanto filologo amante della letteratura e della mitologia anglosassone, non poteva in alcun modo tollerare una visione così bambinesca e caricaturale di quelle che per lui erano figure culturali da prendere con la massima serietà.
Per lui i nani erano feroci combattenti e avidi minatori, l’esatto opposto dei sette nani del film animato, rappresentati come ingenui e allegri paciocconi.
Le fiabe dei fratelli Grimm erano scritti oscuri, inquietanti e moralmente austeri, tutte componenti che in Biancaneve e i sette nani venivano quasi del tutto accantonate, se non per quei “passaggi ammirevoli e affascinanti”.
Eppure, nonostante i continui rifiuti, Walt Disney Company ha cercato per oltre dieci anni di accaparrarsi i diritti sulle opere del padre del fantasy.
Nel 1965, quando anche altre case di produzione si fecero avanti sempre più insistentemente, l’autore scrisse ai suoi editori George Allen e George Unwin una lettera alquanto esplicativa:
Potrebbe essere consigliabile lasciare che gli americani facciano ciò che ritengono opportuno – finché sarà possibile… porremo il veto a qualsiasi cosa che abbia a che fare con gli studi Disney (per i cui lavori ho un sincero disgusto).
Tuttavia fu solo nel 1969, tre anni dopo la morte di Walt, che ogni tentativo della compagnia venne vanificato. Quell’anno, i diritti del Signore degli Anelli vennero venduti alla United Artists, che nel 1978 avrebbe prodotto l’omonimo lungometraggio animato diretto da Ralph Bakshi.
Il film di Bakshi non ottenne il successo sperato, anche se Peter Jackson ne avrebbe attinto in alcune parti per la sua trilogia cinematografica, questa volta in live action, uscita quasi trent’anni dopo la morte di Tolkien.
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