Tokyo Revengers: una storia adulta per piangere come bambini

Tokyo Revengers

6,50 €
8.8

SCENEGGIATURA

9.0/10

DISEGNO

8.5/10

CURA EDITORIALE

9.0/10

Pros

  • Una storia originale e complessa
  • Ottimi personaggi, interessanti e umani
  • Non cade in cliché

Cons

  • Non è un manga rapido, si prende il suo tempo per svilupparsi

Tokyo Revengers è un manga ormai celebre di Ken Wakui, nato nel 2017 in Giappone e pubblicato su Weekly Shōnen Magazine.
Da poco è sbarcata in Italia grazie a J-Pop, anche nel formato Manji Gang Pack, che comprende i primi due volumi e una cartolina olografica che raffigura i protagonisti di della Tokyo Manji Gang.

Tokyo Revengers racconta la storia di Takemichi Hanagaki, un ventiseienne frustrato, impotente e solo, che si trascina in una vita miserevole e fugge dai traumi del passato. Di fronte ad una tragica e improvvisa morte, si ritrova a vivere un flashback della sua adolescenza, quando ancora Hinata Tachibana, la sua prima e unica ragazza, non era stata uccisa dalla gang da cui lui era stato schiavizzato. 

Sorprendentemente però non si tratta di un semplice flashback e Takemichi scopre di poter viaggiare nel passato secondo determinate condizioni: inizia così l’impresa per risollevarsi dalla vita pietosa in cui si era lasciato cadere e per salvare l’amore della sua vita e molti nuovi compagni che conosce strada facendo.

Tokyo Revengers è un manga al contempo nostalgico e scatenato, sentimentale e spietato, che dipinge una storia burrascosa, capace di coinvolgere il lettore con intense emozioni.

Tokyo Revengers: un manga corale

Gli ingredienti principali dell’opera di Ken Wakui sono senza dubbio i personaggi, maturi e ben caratterizzati sia nell’estetica che nella personalità.

Prima fra tutti è proprio la stessa gang, la Tokyo Manji Gang, anche detta Toman. Vera protagonista di Tokyo Revengers è la famiglia che Mikey e i suoi amici hanno fondato e in cui si cristallizzano tutti i loro sogni: il desiderio di un futuro splendente, verso cui dirigersi in sella ad una moto ruggente, affiancati da compagni per cui si darebbe la vita senza pensarci due volte.

Ma cosa c’entra Takemichi, il nostro protagonista, in tutto questo? Molto poco. Il bello del quadro generale di scrittura di quest’opera è anche il rimescolamento dei ruoli.

Lo stesso Takemichi non è altro che lo schiavetto di alcuni membri assolutamente secondari nella gerarchia di Toman, almeno nella prima linea temporale. Si scava a pugni e lacrime un posto nei ranghi della gang nel corso dei suoi salti temporali, il tutto per salvare quell’amore che ha tanto rimpianto di non aver difeso.

In tutte le sue fatiche Takemichi è nella stessa posizione del lettore: inizialmente non conosce quasi per nulla la gang e i suoi “protagonisti”, crede che sia un’organizzazione malvagia, si sente sperduto; esattamente come chi legge.
Nel corso delle sue lotte scopre però che Toman è quasi un’entità a sé, fatta di speranze, amicizie e tante, tante botte. Il “protagonista” è il deus ex machina della vicenda, serve a far andare per il meglio la storia degli altri personaggi e di Tokyo Revengers in generale.

Proprio in questo altruismo sfrenato sta tutto l’eroismo e la bellezza del nostro presunto protagonista, così generoso da sacrificare qualsiasi cosa per i suoi amici e per Hinata, non solo la vita ma anche il ruolo di protagonista nell’opera.

Completamente diverso è il discorso per Manjiro Sano, alias Mikey. Mikey è capo e membro fondatore di Toman, i riflettori sono quasi sempre puntati su di lui.
È un personaggio misterioso, “un adolescente con una pesante croce sulle spalle”, desideroso di costruire un futuro migliore per sé e i suoi amici, ma destinato a numerosi finali tragici, che Takemichi dovrà riuscire a prevenire.

Mikey è un dio (il suo soprannome deriva dall’ebraico Mikha’el, “Chi è come Dio”), la sua furia mette terrore a centinaia di gangsters e la sua forza è sovrumana, ma è anche capace di proteggere come una divinità benigna.
L’unica cosa che gli manca è un cuore buono e capace di amore, ma fortunatamente è sempre affiancato da Draken, il grande gigante gentile che lo appoggia e consiglia in ogni momento.

A rendere affascinante questo personaggio è proprio la sua passione, il fatto che desideri ardentemente un avvenire migliore per i suoi amici mentre il peso del passato lo schiaccia in modo realistico e struggente; Mikey è, insieme ad altri personaggi , una convincente incarnazione di un normale ragazzo adolescente, costretto a vivere situazioni troppo dure per la sua età.

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Tavole candide per una storia amara

Per quanto riguarda il comparto artistico del manga l’aggettivo che forse viene in mente per primo è: chiaro.
Tokyo Revengers è raccontato tramite tavole molto pulite e ordinate; Ken Wakui fa grande uso del retino, sostituendolo spesso al nero in soggetti che solitamente si vedrebbero inchiostrati e contribuendo ulteriormente a rendere le pagine molto luminose.

Oltre all’uso parsimonioso del nero, il tratto del mangaka è fine e preciso, mai sbavato o carico. Nemmeno le scene più sanguinose si discostano da questa particolarità, acquisendo quindi nitidezza e semplicità, una vividezza intensa.

Le proporzioni e le misure dei personaggi disegnati sono abbastanza precise (anche se qualche collo da giraffa ogni tanto spunta) e una particolare attenzione è riservata agli occhiSia per la cura nel rappresentarli, che per la scelta registica di enfatizzare le scene con graduali ma stretti zoom, gli occhi finiscono per essere protagonisti di molte tavole e riescono a racchiudere le intense emozioni dei personaggi in modo molto espressivo.

Nonostante i temi e gli eventi che Tokyo Revengers tratta siano tutt’altro che leggeri e piacevoli il disegno del mangaka è chiaro, vivido e preciso e i tratti dei personaggi tendono ad essere molto arrotondati. Un disegno cosi “accademico” e ordinato contrasta con i soggetti delle tavole: scene violente, atti criminali, omicidi, pestaggi.
Anche questo è un tratto caratteristico del manga, che trasmette sentimenti nostalgici, tristi e romantici con tavole candide e morbide e soggetti crudeli e violenti. Un connubio particolare, che da l’impressione di vivere un sogno lucido o un ricordo quasi reale, un po’ come effettivamente fa Takemichi viaggiando nel passato.

Un elemento che denota l’attenzione ai particolari di Ken Wakui è dunque l’uso del nero in un elemento ben preciso: le divise dei membri di Toman. Esse sono il simbolo che unisce fra loro in modo indissolubile i protagonisti e caricano la pagina di vigore e coraggio.
Quando in Tokyo Revengers le vignette si fanno nere come la pece solitamente è perché la gang è riunita, pronta a combattere per difendere i suoi membri fino all’ultimo respiro.

Ulteriore nota positiva sono le copertine dei volumi, arricchite con toni pastello, variopinte e ricercate, tanto da assomigliare ad illustrazioni di moda. Inoltre i colori tenui in esse utilizzate le rendono quasi surreali e di nuovo volutamente in forte dissonanza con la violenza del racconto.

Una storia di formazione coi fiocchi

Tokyo Revengers è catalogato e pubblicato in Giappone come shōnen ma tratta tematiche assolutamente adulte in modo schietto e realista, spesso più adatte al target seinen.
Temi come l’amicizia, il senso di fratellanza, la forza di lottare per i propri sogni, sono classici del genere shōnen ma la violenza, il rancore, i soprusi familiari, sono temi maturi e complessi, soprattutto per come vengono trattati. 

Nonostante il trucco del salto temporale il manga è molto realistico e la necessità di sospensione d’incredulità nel lettore è quasi assente. L’escamotage del timetravel è usato con molta accortezza ed è trattato come un meccanismo da sfruttare con molta attenzione, non come un potere soprannaturale.

Per questi motivi e per il fatto che le battaglie tendono ad essere molto più psicologiche che fisiche, Tokyo Revengers somiglia molto più ad un romanzo di formazione che ad un battle shōnen.
Tokyo Revengers è dunque un manga intenso, che può tenere incollati alle pagine sia i lettori più giovani che quelli adulti, offrendo sia risate e forti gioie, sia spezzando il cuore in modi terribili e sempre diversi.

Il vero nucleo della vicenda è lento a presentarsi e serve del tempo per lasciarsi trascinare nel complesso intreccio di drammi psicologici, salti temporali e lotte disperate. Una volta nel vivo però non si potrà più fare a meno di leggere: Ken Wakui non cade in cliché e non abusa né dei sentimentalismi né delle risate; quello presente in Tokyo Revengers è un connubio ben bilanciato di sorrisi, lacrime e suspance, abilmente mantenuto dal mangaka per molti volumi ma davvero delicato.

Tokyo Revengers rappresenta in maniera attenta e umana le vicende di ragazzi con grandi sogni ma vite dure, costretti a lottare per un futuro migliore. Ken Wakui ha saputo dare vita ad una storia di formazione personale per nulla statica e già vista e il suo manga potrebbe aspirare a diventare uno dei migliori del genere pubblicati negli ultimi tempi.

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Mannaz

Cresciuto guardando anime e leggendo manga ho deciso negli ultimi anni di approfondire la mia passione per avere uno sguardo più critico. Fra le mie passioni ci sono anche i GDR, sia su carta (D&D, Alba di Cthulhu, Pathfinder...), sia su console (i Souls, Monster Hunter, Bloodborne...).

Vedi commenti

  • Meravigliosa recensione. Letta tutta d'un fiato, sia perché Tokyo Revengers mi ispirava come manga sia perché l'analisi è davvero ben strutturata. Complimenti! 🙌

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