Girl from the Other Side (Totsukuni no Shoujō) è uno shōnen creato nel 2015 da Yoshida Ayumu, in arte Nagabe, edito in Italia da J-Pop.
«Questa è la favola dell’oscura creatura e della bambina, che indugiano sul calar della sera, al confine tra il giorno e la notte». Così è presentata la storia in quarta di copertina dei volumi del manga: una favola ricca del sentore della vecchia Europa, quella abitata dai personaggi truci e torvi dei fratelli Grimm.
Girl from the Other Side racconta le vicende di Shiva, candida bambina umana che vive insieme a Maestro, un oscuro Estraneo, suo “genitore adottivo” e amico. Essi formano un duo unico: una pura bambina, abbandonata fuori dalle alte mura erette dal genere umano, e un nero mostro, membro di quella genia che terrorizza gli uomini al punto da costringerli a rinchiudersi in un regno fortificato.
Valutabile come appartenente al genere fantastico, alterna in modo particolare e repentino momenti dark fantasy a momenti fiabeschi, sia per quanto riguarda le tematiche che negli eventi narrati.
Per farvi una rapida idea dell’atmosfera trasmessa dal manga potete dare un’occhiata qui.
L’opera è per tutto il tempo teatro di estremi che si incontrano e scontrano, come già si intuisce dall’incipit, una sorta di fusione fra La bella e la bestia e Shingeki no Kyojin (L’attacco dei giganti).
Girl from the Other Side è un manga fatto di contrasti, dolceamaro: dolce come l’infantile purezza di Shiva, amaro come il mondo in cui la bambina si trova a vivere.
Fin da subito si nota che, per quanto diabolico nell’aspetto, Maestro si prende a cuore Shiva con una tenerezza unicamente umana e che il candido regno degli uomini forse così immacolato non è.
La particolarità di questo manga è dunque il suo oscillare fra opposti: oltre ai decisi contrasti fra bianchi e neri Nagabe alterna vignette forti, scure e grezze e scenari intensi (un po’ come le scene di azione disegnate da Miura per Berserk) a intere tavole nivee e placide, quasi vuote se non per qualche elemento naturale o di sfondo; queste ultime, insieme alla calma con cui è narrata la vicenda e a scene di gioia e amicizia fra una dolce bambina e un grande “mostro”, ricordano invece le scene di rurale spensieratezza presenti in Il mio vicino Totoro.
L’effetto scacchiera, oltre ad essere fondamentale nel disegno, è quindi il filo rosso che unisce tutto il manga, il quale presenta un mondo apparentemente diviso in maniera classica fra bene e male, bianco e nero, sacro e mostruoso ma che avanzando nella storia mette in dubbio questa partizione così arbitraria. Il bianco sarà davvero così puro? Siamo certi che sia il nero il colore del Male?
In Girl from the Other Side lo scopo di Nagabe è quello di far ricredere il lettore riguardo alle finte e stereotipate classificazioni dualiste, trasmettendo un mondo che, per quanto rappresentato fantasticamente e in bianco e nero, è più che altro realistico e in scala di grigi.
Un punto di forza di Totsukuni no Shoujo è sicuramente la sua particolarità, rappresentata anche dalla radicale influenza europea che permea tutto il manga. Essa dona alle ambientazioni e alla vicenda un alone di mistero e leggenda, trasportando il lettore in un mondo fantastico che nasconde qualcosa di losco.
Quella che si avverte è l’inquietudine crescente di Cappuccetto rosso che cammina nel bosco seguita dal lupo, la preoccupazione di Hänsel e Gretel persi nella foresta, l’ansia dei sette capretti asserragliati nella loro casetta. L’apprensione che i pacifici momenti di felicità di Shiva e Maestro finiscano di colpo è sempre dietro l’angolo.
Nagabe ha saputo trarre ottimi insegnamenti dalle fiabe dei fratelli Grimm, arricchendo Girl from the Other Side di un sentore folkloristico encomiabile.
Oltre alla letteratura fiabesca della tradizione popolare tedesca si trovano nel manga anche i tratti dei racconti di Roald Dahl ed echi dickensiani: Shiva è una bambina abbandonata, dolce ma anche sicura di sé, che viene aiutata da un essere fantastico a sopravvivere in un mondo ingiusto; gli adulti sono quasi tutti figure negative, cattive ed egoiste (tranne Maestro, che fa da “aiutante magico” alla piccola orfana), che spesso vengono punite per il male che fanno.
Un ulteriore rimando al folklore europeo che Nagabe inserisce in Girl from the Other Side è il suo sottotitolo: “Siùil a Run”, titolo di una canzone popolare irlandese (che può fare anche da azzeccato sottofondo musicale alla lettura) piena di tristezza e nostalgia. Nel testo del pezzo musicale è raccontata la storia di una ragazza che piange il suo amato, partito per la guerra. La melodia esprime sofferenza per una divisione e la necessità di un ricongiungimento, proprio come Girl from the Other Side non smette mai di fare, descrivendo la terribile situazione che affligge il mondo spaccato in due in cui è ambientato.
Per quanto riguarda il disegno, lo stile d’inchiostrazione di Nagabe è tendenzialmente grezzo e abbastanza sporco, soprattutto per quanto riguarda le campiture di nero frequentemente costellate da segni bianchi. Questo approccio volutamente grossolano, adottato con le parti nere, si scontra con la cura nel disegno degli ambienti e di Shiva, che al contrario di Maestro è tratteggiata in modo chiaro e pulito.
Oltre alla dicotomia dei colori l’autore utilizza quindi anche il tratto per separare ciò che appartiene al maledetto mondo esterno e ciò che è umano, mantenendo però la sua coerenza stilistica grazie al segno leggermente sbavato della bambina, che permette un rimando al disegno di Maestro.
L’impressione generale che trasmette l’illustrazione in Girl from the Other Side è più quella di appartenere ad un libro illustrato per bambini che ad un manga, una trovata di Nagabe che si abbina molto bene alla sceneggiatura e al background a cui è ispirata l’opera.
L’intensa lotta fra bianchi e neri è fondamentale in Girl from the Other Side, sia graficamente che narrativamente: ogni vignetta rappresenta appieno lo scontro fra interno ed esterno, la spaccatura nelle vite dei protagonisti, la discriminante e aprioristica contrapposizione fra buoni e cattivi. Tuttavia questa scelta così forte è anche un problema per il disegno, dato che a volte le figure nere si impastano sullo sfondo scuro e Nagabe è costretto a staccarle con trucchi artificiali, scontornandole di bianco o inserendo un retino come ultima spiaggia.
Il ritmo della narrazione, a volte molto lento a volte molto rapido, è accompagnato da inquadrature strette e spesso quasi cinematografiche, in cui sono i movimenti dei personaggi a muovere la camera. Molto spesso ad esempio una conversazione fra personaggi fa da sfondo a primissimi piani di mani che compiono gesti abituali. Nagabe mostra anche una sconfinata passione per le mezze figure, presenti in innumerevoli vignette.
Le ambientazioni (soprattutto quelle interne) sono curate nel più microscopico dettaglio, portando a tavole molto piene e scure, che si alternano a serie di vignette quasi completamente bianche e prive di sfondo. In generale l’autore tende ad essere volutamente altalenante e ciò riesce a creare un certo equilibrio.
In conclusione l’opera ha uno stile grafico particolare e d’effetto, un buon ritmo narrativo e un’enfasi importante sulle emozioni, evocate da vignette molto suggestive. Yoshida Ayumu riesce a dare vita a scene cariche di pura felicità, ansia serpeggiante, macabro orrore e squisita gentilezza, rendendo Girl from the Other Side una piccola perla con un’anima ricca di bellezza, mostruosità e autorialità.
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