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Amore e odio: chi sono i fanboy?

Nasce internet, nascono le community per riunire persone di tutto il mondo a parlare di passioni in comune: blog, forum e social network. Nasce internet, nascono i leoni da tastiera che dietro all’anonimato del loro schermo possono sfogare le loro frustrazioni con insulti e denigrazioni di ogni genere. È in questo contesto che si sono diffuse accuse di vario genere come quella di essere fanboy qualora ci si ritrovi a difendere una determinata opera od un certo autore. Ma cosa significa questo termine, forse abusato? Ha un significato così negativo come viene lasciato intendere?

Definizione e sfaccettature

La definizione letterale di fanboy è presto data: dai termini “fan” (appassionato) e “boy” (ragazzo), il termine indica una persona appassionata di una determinata forma di intrattenimento, sia esso una canzone, un intero genere musicale, un videogioco, una squadra di calcio o un regista. Inoltre la parola “fan” è traducibile anche con “entusiasta”, quindi possiamo meglio specificare il termine in questo modo: il fanboy è una persona spinta da passione ed entusiasmo, ovvero da uno smodato sentimento positivo. E si sa che, quando il sentimento è grande, la razionalità spesso viene messa da parte.

Ora però cambiamo le carte in tavola per ampliare il concetto: possiamo sempre parlare di fanboy quando una persona, pur provando un certo entusiasmo verso un determinato argomento, riesce ad imbrigliare i sentimenti mantenendo una certa razionalità critica? E se invece i sentimenti provati non sono di amore ma di odio? Possiamo allora analizzare il concetto di fan attraverso l’incrocio di due variabili: sentimento e razionalità.

Un esempio di serie che ha suscitato numerosi dibattiti tra appassionati e detrattori: Kingdom Hearts

Coloro che amano e costruiscono

Quando il sentimento è positivo non possiamo che parlare di appassionati. Un fanboy, nella sua accezione più propria, è spesso sballottato dalla corrente dei suoi sentimenti, che lo portano a difendere a spada tratta le proprie idee ignorando qualsiasi genere di critica. Ciò che adora è perfetto e perciò privo di difetti: chiunque lo contraddica non sa di cosa sta parlando. Anche se non è ancora uscito, il fanboy sa già che il sequel della sua serie preferita sarà un caposaldo del mondo videoludico per gli anni a venire, il contrario è semplicemente inammissibile.

Tuttavia, nulla vieta che un appassionato possa coniugare sentimento e ragione. Costui può adorare alla stessa maniera una certa opera come un fanboy, senza eccedere tuttavia nel fanatismo di questi ultimi. Certo, è difficile restare impassibili quando si è preda delle aspettative verso un titolo in uscita o verso un grande titolo appena concluso; di conseguenza, bisognerebbe prendere coscienza delle proprie emozioni e lasciar raffreddare l’animo per poter parlare a ragion veduta. In ogni caso, possiamo parlare di fan per distinguere gli appassionati più assennati rispetto ai fanboy.

Ma da dove nasce la passione? Nell’ambito dell’arte, essa può nascere da un’opera che lascia qualcosa di forte dentro grazie a livelli di qualità particolarmente elevati. Quando l’opera, o l’annesso autore, si serializzano mantenendo costanti livelli di qualità nasce la fiducia. Una fiducia meritata, che dunque giustifica parzialmente l’attesa spasmodica verso un certo titolo in uscita: del resto, se un determinato autore non ne ha mai sbagliata una è altamente improbabile che il suo ennesimo titolo si riveli essere di punto in bianco un buco nell’acqua.

Un esempio di fiducia meritata: i titoli Rockstar

Coloro che odiano e distruggono

Se la razionalità permane ma il sentimento è negativo, allora ci riferiamo ad un altra categoria di persone: i disillusi. Siano esse persone particolarmente malfidenti o vecchi fan rimasti scottati, i disillusi sono coloro che mantengono basse le aspettative e che, se è il caso, criticano numerosi aspetti di un’opera dopo averla debitamente analizzata. In un certo senso anche loro sono dei fan perché le loro critiche non mirano a distruggere un titolo, ma al contrario sono critiche costruttive poste nella speranza che la serie o l’autore possano ritornare sulla retta via.

Se togliamo razionalità e amore, rimane un’ultima categoria di persone: gli hater. Gli hater, per definizione, odiano. Non hanno bisogno di una ragione particolare o di determinati segnali di allarme per dubitare della qualità di un’opera, essi sono convinti che sarà qualitativamente atroce ancor prima che esca. Inoltre, si sentono investiti di una divina missione per diffondere il verbo della verità assoluta e oggettiva di cui dispone solo chi la pensa come loro dispone.

Come se non bastasse, quando l’opera in questione diventa disponibile non sentono nemmeno il bisogno di provarla con mano, poiché bastano un paio di immagini, un video, l’opinione di altri hater come loro che l’hanno analizzato con superficialità o, tutt’al più, una mezzora scarsa di gioco usufruita attraverso versioni demo o Beta pubbliche. Con essi non si può semplicemente intavolare un qualsiasi genere di sano dibattito, dunque tanto vale non ragionar di loro, ma guardarli e passare oltre.

Un esempio di gioco distrutto dagli hater ancor prima che uscisse: Anthem

Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza

Certo, amore/odio e razionalità/irrazionalità sono binomi estremi che contemplano tutta un’ampia scala di sfumature fra di essi. Se affezione e delusione possono coesistere tra i fan di una medesima opera senza che nessuno abbia torto, sarebbe l’ideale parlare sempre con cognizione di causa. Bisognerebbe dunque lasciar sedimentare i sentimenti accumulati, informarsi, analizzare in prima persona e dotarsi di quella troppo sottostimata umiltà che non contempla l’ipotesi di avere la verità dalle propria parte.

Perché non esistono ragione e torto in termini assoluti, ma semplicemente ragionamenti fondati o irrazionali, persone mature e persone immature, sani argomentatori e leoni da tastiera.

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Alberto Mantione

Laureato in economia, grande cultore del mondo del marketing e ovviamente appassionato di videogiochi fin da tenere età, sono stato svezzato a 3 anni con i miei primissimi videogiochi, a 4 con nientemeno che Monkey Island giocato assieme a mio padre e a 5 ho portato a termine il mio primo videogioco in assoluto, Pandemonium, dando il via "ufficialmente" alla mia passione. Da allora posso vantarmi di aver concluso quasi tutti i più celebri titoli usciti possedendo pressoché tutte le console, dalla prima Playstation in avanti. Tolti i titoli sportivi, non c'è genere di gioco in cui non mi piaccia cimentarmi

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