Recensioni

Suicide Guy, la recensione per Nintendo Switch

Suicide Guy

7

Gameplay e longevità

7.0/10

Comparto grafico e sonoro

7.2/10

Coerenza e cura del dettaglio

6.7/10

Pros

  • Concept di base originale
  • Enigmi in gran parte soddisfacenti
  • Grande varietà di situazioni esilaranti

Cons

  • Motore fisico molto rudimentale
  • Movimento e controlli difficoltosi
  • Non tutti i livelli sono all’altezza
  • Tecnicamente sottotono

Quando morire è l’unico modo per vincere…

Quante volte, giocando ai videogiochi, ci è capitato di tentare e ritentare fino allo sfinimento un particolare stage perché non facevamo altro che morire, ancora e ancora?

Se anche voi ritenete estremamente frustrante questo tipo di esperienza, beh dimenticate tutto, perché in Suicide Guy non farete altro che desiderare di perdere la vita il prima possibile. Questo bizzarro indie, sviluppato dai ragazzi italiani di Chubby Pixel, dimostra ancora una volta come la console ibrida di Nintendo sia l’opzione migliore per godersi una serie di titoli molto innovativi, seppur realizzati con un budget modesto.  

Il gioco in questione è stato originariamente rilasciato su Steam nel 2017, per poi approdare sullo store digitale della famosa piattaforma Nintendo.

In fondo è solo un sogno…

L’incipit del titolo è molto semplice e di certo regala non poche risate.

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Il nostro protagonista, un uomo di mezza età che non cura particolarmente il suo aspetto fisico, è colto nel suo momento ricreativo davanti alla TV, mentre sorseggia la sua fidata birretta. All’improvviso però il sonno prende il sopravvento, trasportando il giocatore nel contorto mondo onirico del personaggio. E ora arriva il bello, perché nell’intento di riportarlo alla realtà dovremmo suscitare in lui sensazioni molto forti, provocate da situazioni alquanto pericolose e addirittura mortali. In questo action-puzzle game in prima persona affronteremo ben 25 livelli caratterizzati da enigmi ambientali e rompicapo che, se risolti, porteranno alla ripetuta morte dell’io sognato del protagonista. A partire dall’hub centrale del gioco, l’interno di un fast food dal pavimento quasi ipnotico, avremo la possibilità di spostarci da uno stage all’altro nell’ordine stabilito dagli sviluppatori. Ogni livello si caratterizza per un piccolo mondo tridimensionale che, nella quasi totalità dei casi, è in grado di offrire una situazione sempre nuova agli occhi del videogiocatore. Come abbiamo già avuto modo di specificare, il nostro compito sarà quello di trovare il modo che ci consente di morire, e quindi di completare il livello. A tal proposito specifichiamo che, nonostante alcune ambientazioni possano suggerire l’esistenza di molteplici possibilità da intraprendere per terminare lo stage, in realtà l’epilogo si raggiunge sempre e solo nel modo concepito in origine.

Non sempre la morte è dietro l’angolo…

In generale, il gameplay si concentra sulle fasi esplorative, atte alla ricerca di oggetti o meccanismi utili per proseguire fino alla morte del nostro paffuto suicida. Gli enigmi proposti, nella maggior parte dei casi, risultano essere piacevolmente stimolanti e ben congegnati, merito anche dell’evidente semplicità dell’ambiente di gioco. In altre situazioni tuttavia, i rompicapo sembrano decisamente meno ispirati e, di conseguenza possono lasciare spazio alla noia.  Infatti, mentre la maggior parte degli stage sono facilmente intuibili e quindi soddisfacenti da portare a termine, una piccola minoranza risulta di difficile comprensione anche da parte dei giocatori più navigati.

A compensare tale mancanza, la grande varietà di situazioni che caratterizzano questi 25 livelli rappresenta il principale stimolo che tiene il videogiocatore attaccato allo schermo. Addirittura questo gioco decide di strizzare l’occhio a libri, film, videogiochi e alla cultura pop in generale, con una serie sorprendente di riferimenti a questi ultimi.  Non solo romanzi quali Moby Dick e Frankenstein, ma anche pellicole famose quali 2001: Odissea nello Spazio e Indiana Jones, oppure pilastri dei videogiochi come Portal e Super Mario, troveranno la propria ragion d’essere in questo titolo.

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Argh, dannato angelo custode!

Dopo aver illustrato questa serie di aspetti senz’altro positivi, è bene evidenziare anche quei lati in cui il videogioco non si dimostra all’altezza. Il problema più evidente risiede senza dubbio nella fisica del gioco e nel sistema di controllo del personaggio. Interagire con gli oggetti a volte risulta alquanto problematico, proprio per la natura tridimensionale del titolo. Saltare sulle piattaforme, aprire semplici porte o forzieri, lanciare o posizionare alcuni items verso punti specifici può diventare un’attività decisamente frustrante. Non solo, ma in alcuni contesti gli oggetti sembrano vivere di vita propria, poiché l’interazione fisica con il personaggio è decisamente poco verosimile. Ovvio, dato il budget limitato non si può pretendere un miracolo nella cura della fisica del gioco; tuttavia quando quest’ultima compromette la fruibilità dello stesso, dando vita a situazioni che non rientrano nei progetti del giocatore, non si può fare a meno di storcere un po’ il naso. Questo è un gran peccato, perché alcuni livelli molto stimolanti dal punto di vista degli enigmi risultano assai penalizzati, proprio a causa difficoltà pratica di portarli a termine.

Nonostante una direzione artistica coerente con la personalità rozza del protagonista, dal punto di vista tecnico il gioco non fa faville. Il framerate, nei movimenti rapidi della visuale, ci è parso abbastanza altalenante, complice il fatto che l’adattamento per Nintendo Switch probabilmente non è al pari della sua versione per personal computer. Le textures non sembrano poi molto elaborate, tuttavia questa semplicità si adatta bene all’atmosfera scanzonata del titolo. Nota di merito, in modalità portatile non si risente di alcun percepibile peggioramento grafico. Le soundtrack, riproducibili tramite apposite (onnipresenti) radioline sono gradevoli, ma alla lunga un tantino ripetitive e monotone.

Molto apprezzata la presenza di statuine collezionabili (precisamente una per livello) che contribuiscono ad aumentare, in alcuni casi, la complessità degli enigmi e, di conseguenza, la longevità dell’esperienza. Quest’ultima infine, si attesta su livelli piuttosto bassi che, tuttavia, risultano adeguati se considerati in relazione al prezzo molto accessibile del titolo. Per completarlo al 100% ci sono servite circa 3 ore e mezza, che comunque sono trascorse molto velocemente e piacevolmente, grazie alla grande quantità di risate che certe situazioni ci hanno regalato.

25 modi per morire

In conclusione, Suicide Guy si presenta come un titolo senza troppe pretese, in grado di intrattenere e divertire un pubblico amante dei puzzle/rompicapo. Certo, presenta anche alcuni innegabili punti di debolezza che, tuttavia, non compromettono interamente la godibilità dell’esperienza. Ci auguriamo che il connazionale team di sviluppo possa riproporre questo concept di base, decisamente originale e azzeccato, in un futuro titolo meglio calibrato in ogni sua componente ludica.

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Ecco infine, la videorecensione del titolo da parte del canale YouTube N-Style!

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Giuseppe Furnari

Appassionato di anime, serie TV e angurie 🍉. Fan n°1 di camera café (tranne della sesta stagione😐. Quella fa schifooo).

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