Ebbene si, per quanto incredibile possa sembrare, anche il decimo anno di gioco della saga di Destiny è giunto al termine, con i suoi alti ed i suoi bassi.
Ed a proposito di questi ultimi, il sistema ad episodi non ha fatto sicuramente urlare al miracolo: dopo il discreto ma godibile “Echi“ e il più che dimenticabile “Redivivo“, mi sono approcciato all’ultimo di essi con un entusiasmo decisamente moderato.
Vediamo più nel dettaglio cos’è successo in questo ultimo segmento di quest’anno di gioco nella recensione dell’Episodio III, chiamato “Eresia”.
Nonostante i guardiani abbiano già ucciso Oryx ed impedito più volte il suo ritorno, il suo “spirito” è riuscito a tornare sul nostro piano grazie ad un evento alquanto fortuito.
L’ultimo degli echi, nominato “del navigatore“, è casualmente finito negli oscuri meandri dell’Astrocorazzata, la leggendaria nave permeata dall’immenso potere del Re dei Corrotti.
Come di consueto, la sete di curiosità ha spinto la cara e vecchia Eris Morn ad insinuarsi in essa, per indagare e far luce sull’accaduto: purtroppo però, un incidente avvenuto in circostanze inizialmente non chiare ha portato l’esperta dell’alveare apparentemente incontro alla morte.
Toccherà ancora una volta a noi guardiani recarci sul luogo dei suddetti misfatti per capire meglio cos’è successo e, ovviamente, fare il necessario per “disinnescarne” i pericoli che si celano dietro ad essi.
Oltre al solito supporto dell’Avanguardia, potremo contare sull’aiuto del Ramingo, che deciderà di sua sponte di intervenire sulla faccenda in quanto coinvolto personalmente dalla dipartita di Eris, ormai esplicitamente definita come sua amata.
Com’era facilmente intuibile, quest’ultima riuscirà in qualche modo a “tornare” presso il suo Tronomondo, una sorta di spazio onirico simile all’Ateneo (già visto nella Stagione delle Arti Magiche), accessibile presso la Lastra di Plasmazione situata presso il suo lugubre ed angusto appartamento.
Fondamentalmente, la trama dell’Episodio Eresia ruoterà, ancora una volta, attorno al turbolento e complicato rapporto tra le sorelle dell’Alveare (Oryx, Savathun e Xivu Arath), che, a differenza del solito, avverrà in maniera ben più attiva ed immediata.
Infatti, le tre avranno discussioni, dibattiti e colloqui più o meno animati, che le porteranno a confrontarsi direttamente sui loro legami personali ma anche sulle questioni di potere che, nei secoli, hanno subito numerosi cambi di rotta in quello che è stato il lungo e tortuoso percorso storico dell’Alveare.
Il tutto espresso tramite un insieme di echi, visioni e voci varie, che, data l’influenza del Re dei Corrotti nell’Astrocorazzata, arriveranno a riferirsi a noi guardiani e all’Avanguardia anche per quello che riguarda la situazione nel presente, che, in un modo o nell’altro deve essere risolta.
Ebbene, per dirlo nella maniera più semplice possibile, tutto ciò ha stufato.
Se all’inizio quello relativo all’Alveare era uno dei microcosmi loristici più meritevoli di essere approfondito, esso ha ormai terminato il suo potenziale espressivo.
Dopo aver risolto più volte i “problemi” con Oryx e Savathun, l’esistenza ancora vaga e sfuggente di Xivu Arath sta portando con sé il peso di tutte quelle storie che, tramite i vari DLC e stagioni di Destiny dedicate ad esse, girano e rigirano sempre attorno alle stesse dinamiche narrative.
Antiche battaglie, tradimenti, logica della spada, sete di potere, rapporto di amore/odio fraterno ecc., sono cose che continuano a tornare in maniera pressoché ossessiva, e che, a questo punto della trama, sanno di vecchio e stantio.
Come avvenuto anche per le altre specie, sarebbe giunta l’ora anche per l’Alveare di dare spazio a nuove storie, nuovi personaggi e nuovi nemici: per questo motivo, l’idea che Xivu Arath sia nuovamente fuggita e che ci toccherà in futuro tornare ad averci a che fare mi fa tutt’altro che impazzire.
Anzi, data la sua fama da Dea della Guerra spietata e distruttiva, sento che abbia ormai ampiamente perso quel suo fascino terrorizzante e minaccioso, risultando ormai come una semplice voce stridula e noiosa che ogni tanto si presenta per urlarci nelle orecchie.
Questo è quello che succede quando la corda viene tirata troppo a lungo, e si decide di continuare a “sospendere a metà” sviluppi narrativi che avrebbero meritato una degna conclusione molto prima.
Almeno, va detto che tornare sull’Astrocorazzata ha avuto un suo perchè, in quanto tale ambientazione non ha perso nemmeno un filo di quel suo senso di inquietante solennità, che fa sentire tra i suoi corridoi un’atmosfera densa, pesante ed immersiva in un modo tutto suo.
Infatti, seppur non abbia apprezzato tutta la morbosità narrativa di cui sopra, non si può non ammettere che vi siano comunque stati momenti ad alta tensione, tra dialoghi intensi, cutscene spettacolari e scene di gioco dall’impatto emotivo marcato.
In termini di gameplay, Eresia è stato caratterizzato da una modalità principale chiamata “Mondo Inferiore”.
In maniera similare a quanto fatto sul Leviatano nella Stagione dei Tormentati, ci ritroveremo a vagare tra le immense sale dell’Astrocorazzata compiendo, in sequenza, tutta una serie di attività ed incarichi volti alla neutralizzazione di nemici speciali e all’indebolimento delle varie forze difensive.
In queste, come di consueto, ci toccherà conquistare zone, trasportare cariche, depositare particelle e distruggere cristalli in arene dedicate.
La particolarità della modalità però, risiede nel fatto che questi non saranno impostati in una sequenza lineare, bensì potremo approcciarci un po’ come vogliamo.
Dopo esser atterrati infatti, potremo navigare l’Astrocorazzata a nostro piacimento, in quanto essa avrà una struttura open map priva di vincoli.
Toccherà quindi a noi decidere se impegnarci nelle attività in essa presenti o semplicemente dedicarci all’esplorazione, alla ricerca di una quantità non indifferente di segreti, casse nascoste e collezionabili vari.
Attenzione però, per “completare” effettivamente l’attività e portarci a casa il bottino dovremo arrivare fino a sconfiggere il boss finale, il che non sarà affatto una passeggiata dato che, a differenza di quanto fatto sull’immensa nave di Calus, avremo alcune limitazioni alquanto impattanti.
Fondamentalmente, avremo un numero limitato di pegni di rianimazione e la rigenerazione della salute sarà disabilitata.
Per contrastare tali svantaggi potremo fare affidamento su una serie di potenziamenti, ottenibili completando le attività e gli eventi di gioco: questi potranno essere semplici migliorie parametriche ma anche e soprattutto veri e propri effetti aggiuntivi alle nostre mosse.
In maniera pressochè identica a quanto avviene nei roguelike, in molti casi saremo costretti a sceglierne soltanto uno tra i tre estratti casualmente dal pool.
Al contempo, raccogliendo le risorse e le valute del Mondo Inferiore potremo anche attivare dalla Lastra di Plasmazione alcuni buff permanenti che andranno sbloccati ed inseriti negli appositi slot.
Ebbene, questa è senza dubbio la migliore attività di tutti e tre gli episodi di quest’anno di gioco, in quanto applica con successo la struttura delle modalità classiche ad un impianto open map elaborato e ben confezionato, che presenta un’ottima quantità di variabili ed un costante ricambio di incarichi.
L’Astrocorazzata poi è un’ambientazione semplicemente splendida, non solo in termini puramente estetici ed immersivi ma anche a livello di level design.
I vari settori della mappa sono ben diversificati ed interconnessi in maniera tutt’altro che banale, oltre che a presentare arene sempre interessanti ed una notevole quantità di zone segrete ed aree nascoste.
In questo senso, gli sviluppatori di bungie sono stati anche acuti nel rendere l’attività il più variegata possibile nel tempo, infatti, con il proseguire degli atti, sono state aggiunte nuove zone, nuovi nemici, nuovi incarichi e nuovi eventi.
Inoltre, riesce a risultare interessante e “sfidante” anche dal punto di vista del gameplay, dato che le varie implicazioni meccaniche tracciano una sottile ma decisiva linea fatta di vantaggi e svantaggi, che rendono le nostre visite sulla nave tutt’altro che una semplice passeggiata nel bosco.
Un altro plauso va fatto per quanto riguarda la gestione degli intermezzi narrativi, e per tutte quelle fasi dell’impresa che portano avanti la trama.
A differenza delle stagioni precedenti, queste “missioni” saranno finalmente più elaborate, interessanti e uniche, al punto da esser tranquillamente paragonabili, in alcuni casi, a quelle presenti nella campagna delle espansioni principali.
Potrebbe sembrare una piccolezza, ma considerato l’andamento e la gestione di alcuni contenuti passati si tratta di un miglioramento tutt’altro che indifferente.
L’unico difetto che ho riscontrato riguarda le componenti roguelike sopracitate, in quanto propongono elementi di potenziamento che, seppur originali, risultano troppi pochi e anche abbastanza simili tra loro.
Considerata la longevità dell’attività e i suoi numerosi spunti di rigiocabilità, si tratta di un problema che risalta molto presto.
Durante l’Atto 2 di Eresia, a Mondo Inferiore è stata inoltre affiancata un’altra modalità, chiamata Corte di Oryx: per dirla nella maniera più semplicistica possibile, si tratta di una specie di modalità Corsa dove i guardiani avranno 10 minuti di tempo per affrontare e superare il maggior numero di scontri.
Quindi, ci fionderemo avanti e indietro tra i portali, tornando ogni volta alla “piazzola centrale” per ottenere bonus e potenziamenti vari, necessari per completare più velocemente le fasi successive.
A differenza di Mondo Inferiore, qui la velocità è tutto, in quanto per ogni combattimento superato si otterrà una ricompensa maggiore: ciò implica il fatto che i suddetti scontri saranno rapidi e caotici, e che non andranno di conseguenza a proporre chissà quale profondità meccanica.
Nonostante ciò, si tratta di una modalità “tappabuchi” che fa il suo in maniera dignitosa, accostandosi a fianco di Mondo Inferiore come il suo opposto e, di conseguenza, piacevolmente complementare ad esso.
Le ultime due, ma non meno importanti, attività principali dell’episodio sono state la missione esotica Derealizzazione e la Segreta Dottrina Dilaniata.
Per quanto riguarda la prima, ci siamo ritrovati ad addentrarci ancora più in profondità tra i meandri più oscuri e sperduti dell’Astrocorazzata.
Anche in questo caso, oltre ad integrarsi alla grande tra le altre attività ed imprese episodiche di Eresia, la missione riesce ad avere un suo perché grazie al senso di marciume ed inquietudine che trasuda da quei luoghi, merito di un art design sul pezzo in grado di esaltarne l’atmosfera.
Al contempo, va detto che a livello di gameplay fa davvero il minimo indispensabile per intrattenere e sfidare il giocatore, e lo fa con una prevalenza di platforming abbastanza originale e qualche scontro più movimentato, sicuramente meno significativo o interessante.
La seconda, invece, ci ha visto tornare in un luogo già conosciuto a noi giocatori di Destiny, la nave a Piramide di Rhulk dell’incursione Promessa del Discepolo.
Proprio come in quest’ultima, anche in questo caso avremo a che fare con la meccanica dei “simboli”, reimpostati ed “implementati” in maniera leggermente diversa.
Se il primo e l’ultimo step si basano sul direzionamento di alcuni fasci luminosi grazie alla rotazione di alcune lenti sparse in giro, il secondo punterà tutto sul “significato” dei simboli.
Per farla breve, questi saranno posizionati a cerchio su delle sorta di “orologi”, il quale spostamento della “lancetta di selezione” sarà definito dal numero di particelle depositate.
Così, i simboli attivati definiranno alcuni aspetti degli scontri, come la longevità della fase di danno o la quantità di nemici e miniboss presenti.
Quest’ultimo, purtroppo, non riesce a funzionare bene come, secondo me, Bungie aveva inteso: nonostante l’idea dietro sia apprezzabile, l’applicazione delle meccaniche risulta confusionaria, finendo per rendere i ritmi di gioco troppo lenti e smorti o iper caotici e movimentati.
Considerando il fatto che la segreta presenta “solo” questi tre step, il fatto che uno di questi riveli problemi di questo tipo grava sul giudizio finale in maniera abbastanza pesante.
Sia chiaro, Dottrina Dilaniata rimane assolutamente godibile, in quanto non solo gli altri due risultano gradevoli, ma anche per le fasi platform ed esplorative d’intermezzo, che ancora una volta esaltano la spettacolare (anche se già conosciuta) ambientazione, e ben si prestano alla presenza di segreti e agli elementi di rigiocabilità relativi all’ottenimento del catalizzatore.
Quindi, seppur non raggiungano mai chissà quali vette creative o di design, entrambe queste ultime attività hanno avuto il loro perchè, affiancandosi con successo a Mondo Inferiore e Corte di Oryx in maniera convincente.
Purtroppo, i problemi legati alla gestione interna che ha colpito Bungie qualche mese fa portò allo slittamento e modifica della suddivisione tra gli Atti, che sono infatti risultati del tutto sfasati in termini di rilevanza, longevità e contenuto.
Infatti, il rinvio de I Confini del Destino ha portato l’Atto 3 ad allungarsi ben più del previsto; in questo tempo, però, gli sviluppatori si sono comunque inventati qualcosa per intrattenere i giocatori.
La prima attività “fuori programma” (introdotta però nell’Atto 2) è stata Metallo Pesante, una modalità PVP che ha visto squadre di tre giocatori scontrarsi utilizzando solo ed esclusivamente due tipi di veicoli, i carri draconici e i brig dei caduti.
Si è trattato di un pretesto abbastanza semplice per dare al PVP quel tocco di tamarragine gratuita, risultando però sicuramente divertente ad un primo impatto ma alquanto fine a sè stessa sul lungo termine.
Poi, è stato introdotto un curioso enigma di stampo narrativo basato sulla raccolta di alcuni collezionabili e legato al gioco degli scacchi, con tanto di cutscene e dialoghi unici.
Come è facile intuire, si è trattato di un piacevole pretesto per dare una misteriosa anticipazione di quello che sarebbe stato il contesto e l’atmosfera della prossima espansione.
Sempre relativo a quel tema, è stato poi rilasciato il Rito dei Nove, una versione similare al Pantheon delle incursioni rilasciato qualche stagione fa, ma per le Segrete: infatti, andrà ad aggiungere a queste ultime piccole meccaniche uniche, nuove sfide “interne” e un selettore del livello di difficoltà.
Purtroppo, il Rito dei Nove non è riuscito a risultare impattante quanto il Pantheon, finendo per proporre niente di davvero interessante, né in termini creativi né tantomeno dal punto di vista delle ricompense.
Quindi, queste ultime aggiunte si sono rivelate delle sorprese più o meno riuscite, che hanno accompagnato con successo i giocatori più costanti ed accaniti fino alla fine dell’episodio, ma che sicuramente non hanno invogliato tutti gli altri a “tornare sul titolo apposta per essi”, come il sottoscritto.
L’episodio Eresia è senza dubbio il migliore dei tre, è riuscito a mettere sul piatto una serie di contenuti validi, ben diversificati e, in qualche caso, anche originali.
Tra questi spicca senza dubbio Mondo Inferiore, un interessante incastro di meccaniche, modalità e strutture che, insieme all’attività Corte di Oryx e alla missione esotica Derealizzazione, ci ha fatto godere appieno della meraviglia estetica ed atmosferica dell’Astrocorazzata.
La Segreta Dottrina Dilaniata e tutte le altre aggiunte secondarie come Metallo Pesante e il Rito dei Nove completano il quadro in maniera soddisfacente, seppur con numerose riserve.
L’aspetto meno riuscito riguarda l’ormai spiccata ed invasiva ridondanza concettuale e tematica legate alla narrativa dell’Alveare, che continua imperterrita a girare sempre attorno agli stessi personaggi e alle stesse dinamiche da davvero troppo tempo e che, a quanto pare, continuerà a farlo ancora.
Così arriva alla fine anche questo lungo anno di gioco di Destiny 2, che, dopo essere iniziato così così ed esser proseguito peggio, è riuscito almeno a terminare in maniera positiva.
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