Se siete degli appassionati di Visual Novel , così come il sottoscritto, allora dovrebbe bastare soltanto menzionare il nome di Kotaro Uchikoshi per farvi venire la pelle d’oca: che siate fan dei suoi lavori o meno, è innegabile l’influenza incredibile che il game director giapponese ha esercitato e continua ad esercitare sulla cultura videoludica. Se, però, i più lo conoscono per l’iconica serie di Zero Escape e per i due The Somnium Files , Uchikoshi ha scritto anche molti episodi di un altro franchise, forse ancora più visionario per il genere: Infinity .
La Mages, che ai tempi era ancora la KID, utilizzò Infinity come ricettacolo per storie più complesse, più mind-bending, più esaltanti . Il primo episodio della serie – Never7 (2000) – arriva per la prima volta in Occidente grazie a Spike Chunsoft, che lo rimasterizza e lo traduce in inglese assieme a Ever17 , sicuramente il gioco più popolare della serie. Parliamo di un titolo con svariati anni sulle spalle , che viene “calato dall’alto” in un settore che, negli ultimi 20 anni, è completamente cambiato : Never7 è ancora attuale? Scopriamolo insieme !
La fine dell’Infinito e l’importanza di Never7 Dimenticate le vostre responsabilità e le vostre preoccupazioni, perché in Never7 seguirete le vicende di Makoto Ishihara, studente universitario ben poco prolifico che, per colmare le proprie lacune didattiche, partecipa ad un curioso seminario in un vero e proprio paradiso terrestre, una remota isola giapponese costellata di boschi, spiagge e scorci mozzafiato. Assieme a lui, sull’isola, ci sono anche il borioso collega Okuhiko e le eroine del titolo, il fulcro della trama e del gameplay della VN: Yuka e Haruka , delle colleghe di Makoto, Saki , la rampolla di una famiglia ricca, e Izumi e Kurumi , due sorelle che insieme mandano avanti un piccolo bar italiano di nome Luna Beach.
Makoto si sveglia la mattina di Lunedì 1 Aprile nella baita del suo gruppo di lavoro in preda all’ansia e allo sconforto dopo un sogno disperato in cui vede , nella data del 6 Aprile, una non meglio precisata figura femminile in fin di vita, con una campanella in mano. Minimizzando il disturbante sogno e declassandolo ad un mero scherzo del subconscio, Makoto ben presto si ritroverà a fare i conti con una trafila di fenomeni inquietanti : una serie di eventi premonitori, delle misteriose scosse di terremoto e una scioccante rivelazione che tocca tematiche come lo scorrimento del tempo stesso e i concetti di illusione e delirio.
Fin da subito appare evidente come molte di queste tematiche e premesse siano estremamente legate sia ai lavori moderni dello stesso Uchikoshi, un maestro della fantascienza, sia alla Mages, la software house nata sulle ceneri della KID che ci ha donato capolavori del calibro di Steins;Gate e Chaos;Child , due delle visual novel più apprezzate della storia. In effetti Never7 è un una sorta di punto di partenza, un’opera un po’ rudimentale ma che pone le basi per un vero e proprio microcosmo di franchise e universi narrativi.
Occorre dunque registrare il primo, grande pregio della remastered di Never7 : l’importanza e l’influenza storica , fattore che dovrebbe quantomeno rendere interessati i lettori di visual novel più incalliti . Never7 è infatti un piccolo, non particolarmente brillante, ma importantissimo sguardo sugli albori della visual novel moderna , l’anello di congiunzione capace di trasformare un genere intero, che fino a quel momento era quasi esclusivamente composto da dating sim , in una subcultura capace di affrontare tematiche fantascientifiche e fantastiche con arguzia e coraggio , segnando una maturazione generale del settore. Renderlo accessibile è quindi una mossa da non sottovalutare , e per la quale vanno dati i giusti meriti a Spike.
Non sempre si invecchia bene… Never7 , a dirla tutta, è più un dating sim che un’opera fantascientifica , ed è per questo che prima ho parlato di “anello di congiunzione ”. La direzione di Takumi Nakazawa e la penna di Kotaro Uchikoshi dovrebbero far presagire plot twist incredibili e in generale un impianto narrativo sperimentale, specialmente nei primi anni della loro carriera. Il fatto è che i loro superiori alla KID, ai tempi, fecero molte pressioni per ridurre gli elementi sci-fi al minimo e concentrarsi sugli aspetti romantici , per motivi “commerciali”, e questo è un difetto enorme che nessuna opera di mera rimasterizzazione potrà mai colmare .
La trama di Never7 ha dei presupposti intriganti: ci ritroviamo in mezzo a delle persone che non conosciamo, in un posto che non conosciamo, sognando un evento traumatico che dovrebbe avvenire nel giro di 6 giorni. La verità dietro questo evento traumatico vive una lenta e progressiva rivelazione lungo le (numerose, forse troppe) run necessarie per sbloccare il true ending , in una maniera che in alcuni momenti riesce efficacemente a catturare l’attenzione del lettore. È la tipica storia a tinte adolescenziali, che intreccia le vicende mondane di un seminario-vacanza ad un qualcosa di più grosso, di più misterioso, un puzzle che pezzo dopo pezzo diverrà sempre più completo.
La sensazione, però, è che questa rivelazione , così come le vicende personali delle eroine di Never7 , debba andare avanti in maniera tremendamente forzata, specialmente nella cosiddetta “Common Route ” (l’avanzamento standard del gioco prima delle diramazioni che portano alle varie route, ndr). Sarà la localizzazione inglese non proprio eccelsa di cui parlerò più avanti, ma in tantissime occasioni si ha come l’impressione che questa settimana prima del fatidico 6 aprile sia letteralmente interminabile : a conti fatti, non succede niente .
I giorni che precedono il clou della trama del titolo sono vuoti, riempiti di interazioni col cast femminile che rasentano l’imbarazzante e fatti forzatamente progredire con dei pretesti campati in aria, che sembrano quasi sempre succedere semplicemente “perché sì”. Vengono lanciati molti spunti anche interessanti, ma molto spesso i personaggi agiscono in maniera visibilmente meccanica e poco scorrevole, specialmente quando sono insieme.
Il discorso cambia nelle route individuali, dove c’è un miglioramento generale della scrittura che esplora in modo più intimo le storie personali delle eroine principali , che vanno di pari passo con i (pochi) elementi più fantascientifici. Il problema, però, è ancora una volta l’esasperata ricerca del fanservice , del becero elemento romantico che non appartiene al team di scrittori del gioco , bensì alla necessità di KID di vendere con dei personaggi femminili estremamente stereotipati .
Kurumi è la tipica ragazza adulta che si atteggia come una bambina (e che chiama il protagonista “Big Bro”…), Haruka è invece misteriosa e criptica, Izumi è la classica figura materna “alla giapponese”, Saki è la giovane donna ricca e un po’ spocchiosa: una trafila di macchiette che restituiscono un dating sim tremendamente obsoleto, all’interno del quale spicca solo Yuka , la cui route è anche la prima che il giocatore dovrebbe affrontare.
Tutto questo è un grandissimo peccato, perché il gigantesco plot twist fantascientifico che avviene nella route del true ending , in pieno stile Uchikoshi , è di grandissimo livello : dovrete munirvi di pazienza e forza di volontà, perché per raggiungerlo le route necessarie sono tante e anche discretamente lunghe (siamo intorno alle 25/30 ore di gioco per chi vuole completarlo al 100%). Soltanto un remake avrebbe potuto sistemare la scrittura del gioco , che affoga i tanti spunti interessanti in un mare di superficialità e fanservice .
Una misera operazione nostalgia Se da una parte rendere accessibile un prodotto così di nicchia è una mossa lodevole, dall’altra è anche vero che questo non basta per giustificare la bassissima qualità di questa “remastered” , se così si può chiamare. I disegni dei personaggi sono solo l’ultimo dei problemi , e anche in questo caso solo un vero e proprio remake avrebbe potuto fare qualcosa a riguardo visto che erano già qualitativamente scarsi nella versione originale: ciò che lascia perplessi è tutto il resto .
Partiamo dalle (poche) cose positive: innanzitutto, Never7 è una ghiotta e rara occasione per assaporare i primi componimenti di Takeshi Abo , il maestro che ad oggi compone per la Mages e autore di alcune delle OST più popolari del mondo dei videogiochi , come l’immortale colonna sonora di Steins;Gate . La musica dal mondo di Never7 è malinconica, evocativa, emblematica e clamorosamente azzeccata in relazione alla scena , tutte caratteristiche tipiche dei componimenti di Abo; dal menù principale è anche possibile accedere ad un player musicale in-game per ascoltare la colonna sonora in tutta la sua essenza.
Inoltre, il gioco ha un’interfaccia tutta nuova e utilizza un font inglese molto chiaro , una cosa non da poco per un genere in cui la leggibilità è certamente una delle variabili più importanti. Il titolo è anche semplice da navigare: non dovrete aver paura di fare le scelte a caso, perché le guide realizzate su vecchie versioni fan-patched del gioco saranno perfettamente utilizzabili , al di là di alcune frasi rese in modo leggermente diverso. Da menzionare infine la particolare appropriatezza di Never7 (così come di quasi tutte le visual novel, ndr) su dispositivi portatili come Steam Deck e Nintendo Switch , che sembrano essere fatte su misura per questo genere di giochi.
Ad essere sinceri, leggerlo su dispositivi portatili dallo schermo ridotto è quasi un prerequisito , piuttosto che un consiglio, perché è l’unico modo per nascondere la bassissima risoluzione di sprite, sfondi e CG. In un gioco che fa della staticità delle immagini il suo fulcro, non è possibile pensare di proporre asset alla risoluzione che avevano 20 anni fa, senza alcun tipo di upscaling o restaurazione.
Diventa quasi impossibile giocare il gioco a risoluzioni superiori ai 720p, e la cosa è inspiegabile: nel 2017 la Mages ha portato in Occidente un’altra vecchia VN, YU-NO, ridisegnando da capo tutti gli asset. Cosa è successo? Perché questo passo indietro ? Gli sfondi sono forse la cosa peggiore : qui si va ben oltre il “vintage”, perché si rasenta l’inguardabile. E non è tutto.
Le CG del gioco sono state “adattate” dal loro vecchio formato – il 4:3 – per essere funzionali su display moderni. Come? Semplicemente tagliandone le parti superiori e inferiori, lasciando fuori dettagli che in principio dovevano essere visti . Non è neanche prevista la possibilità di farle scorrere in alto e in basso, come nella versione PSP del gioco: se giocate Never7 su uno schermo 16:9 perderete quasi metà delle CG: ne è un’esempio lo screenshot che segue, in cui anche andando a nascondere la textbox è letteralmente impossibile vedere il piatto cucinato da Yuka , che è letteralmente il fulcro della scenetta comica. Eppure sembrano tutti così preoccupati…
Sconcertante anche la qualità audio del doppiaggio, che è rimasto tremendamente compresso e che risulta veramente difficile da ascoltare, specie se riprodotto sopra delle tracce musicali così belle come quelle di Abo . Il quadro è quello di una scarsissima “operazione nostalgia”, attanagliata da una presentazione ed un aspetto tecnico di livello davvero basso .
Una localizzazione appena sufficiente Altro problema tipico delle release occidentali di Mages è la traduzione inglese, che troppo spesso traduce letteralmente lo script giapponese senza adattare niente per renderlo più digeribile per le audience d’oltreoceano. Never7 fa qualche timido passo in avanti , ma molte frasi risultano ancora estremamente macchinose , e in certi casi vanno a ledere la stessa coesione testuale del titolo.
La sufficienza è raggiunta, ma gli strafalcioni e le frasi dal senso ambiguo sono tantissime , forse troppe, e saltano particolarmente all’occhio. Non è raro vedere segni di punteggiatura assenti, parole scritte male e spazi messi dove non dovrebbero stare , fattori che contribuiscono ulteriormente ad affossare la localizzazione del titolo. Leggere “SYSYSTEM MESSAGE”, come nella schermata di seguito, fa anche sorridere, sorriso che sparisce nel momento in cui si ricorda che parliamo di un titolo pubblicato da nientepopodimeno che Spike .
Un’occasione mancata Never7 è un gioco che andava trattato con più amore : sebbene i suoi problemi di carattere ludico fossero tali anche nella versione originale, parliamo di un titolo che ha fondato un filone , dal quale molti franchise moderni ereditano tantissimi elementi. Il lavoro – seppur rudimentale – del maestro Uchikoshi e dell’azienda che oggi è la Mages andava restaurato con più cura .
Invece, ci ritroviamo con un polpettone di asset a bassissima risoluzione, strafalcioni grammaticali e gravi carenze tecniche : una remastered che è virtualmente consigliabile solo ai più curiosi , a coloro che amano l’arte della visual novel e desiderano conoscerne uno dei più emblematici esponenti. Ciò che mi sento di consigliare a Spike Chunsoft è di pensare seriamente ad un remake , perché il potenziale per fare qualcosa di addirittura superiore all’originale c’è, eccome se c’è .
Comparto grafico e sonoro
5.5
Coerenza e cura del dettaglio
5
Pros
Un visual novel classica finalmente resa accessibile
Un prezioso sguardo sulle radici dei lavori di Uchikoshi
Colonna sonora sempre validissima
Alcuni apprezzati miglioramenti di QoL
Cons
Asset presi e riutilizzati senza scrupolo, bruttissimi da vedere ad alte risoluzioni
Localizzazione a malapena sufficiente, piena di errori
Un remake sarebbe stato più dignitoso
La scrittura generale è invecchiata molto male
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