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The Garden of Sinners: il capolavoro dimenticato di Ufotable

Quando pensiamo a studio Ufotable, una delle case di produzione più apprezzate dell’animazione giappponese, i titoli che ci vengono in mente subito sono la Fate Series e Demon Slayer. Pochi, o forse nessuno ormai, ricordano che la fama dello studio nasce da Garden of Sinners, una serie di film poco famosi ma che hanno rivoluzionato l’animazione nipponica degli ultimi vent’anni.

I film nascono come adattamento di una serie di romanzi di Kinoku Nasu, il padre del cosidetto Nasuverse. Se avete dimestichezza con le opere del famoso studio di animazione avrete sicuramente sentito questo nome. Nasu infatti è la mente dietro la Fate Series e il gigantesco universo in cui essa si inserisce, famosa prima come Visual Novel e poi come anime, senza dimenticare poi Grand Order, forse il gatcha più iconico di sempre.

La celebre collaborazione tra Type-Moon (l’azienda di Nasu) e Ufotable risale però a qualche anno prima di Fate/Stay Night: UBW. Già prima della fortunata serie che ha reso quasi mainstream la creazione di Kinoku Nasu, le due aziende avevano già lavorato insieme nel 2007 a questa particolare quanto affascinante serie di film chiamata Garden of Sinners, l’opera dove nasce il mito di studio Ufotable.

Che cos’è The Garden of Sinners?

Kara no Kyoukai, meglio conosciuto in occidente come The Garden of Sinners, nasce inizialmente come Web Novel nel 1998, pubblicata poi da Kodansha nel 2004. Questo fa di Kara no Kyoukai l’opera prima di Nasu, la base da cui partirà per creare poi l’universo di Tsukihime e Fate.

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Garden of Sinners infatti è una storia paranormale dalla quale prendono vita tutti gli aspetti chiave che ritroviamo nelle opere del gigantesco Nasuverse. Dei concetti fondamentali per l’evoluzione di tutta la creazione di Kinoku Nasu vengono presentati proprio in questa serie di libri, a partire dall’idea di anime, Radice e Origine, fino alla magia e ai maghi; tutti elementi che iniziano a prendere forma qui e che si svilupperano poi nelle altre opere.

Ma a prescindere dal contenitore nel quale quest’opera si inserisce (e a cui ha dato vita), Garden of Sinners è una storia unica e originale finita nel dimenticatoio troppo presto, oscurata forse dall’impressionante mole di opere che l’hanno seguita.

Gli 8 film (e due OVA) che la compongono sono ambientati nella città di Mifune, dove vivono Mikiya Kokutou e Shiki Ryougi. In questa città iniziano a susseguirsi una serie di avvenimenti violenti che incuriosiscono Mikiya il quale, cercando allo stesso tempo di avvicinarsi a questa misteriosa compagna di nome Shiki, inizia a capire che le due cose sono stranamente collegate.

Shiki infatti non è una ragazza normale ma in sè nasconde due personalità distinte, con due volontà e caratteristiche ben definite. Oltre a questo la ragazza possiede anche dei poteri sovrannaturali che la collegano agli accadimenti violenti che stanno sconvolgendo la città, nei quali anche Mikiya finirà inevitabilmente trascinato.

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Cosa vuol dire essere Shiki Ryougi

Al termine di The Garden of Sinners, una serie che interpreta il genere thriller/crime come pochissimi altri nomi dell’animazione giapponese, l’aspetto che inaspettatamente finisce per colpirci di più durante la visione è l’evoluzione e la caratterizzazione dei personaggi. Una cosa inaspettata per un anime che da profano chi vi scrive aveva inziato solo per due combattimenti visti su qualche video e la curiosità derivata dalla Fate Series.

The Garden of Sinners ha dei momenti di azione (dei quali parleremo più avanti) davvero incredibili ma a far breccia nello spettatore sono i suoi protagonisti. Sia Shiki che Mikiya sono una coppia eccezionale, talmente distanti l’uno dall’altra da funzionare egregiamente insieme.

Durante tutti i film la tenacia di Mikiya raggiunge livelli impressionanti e il suo essere “uomo qualunque” della situazione lo rende estremamente empatizzabile dallo spettatore. “Cosa avrei fatto io nei suoi panni?” o “avrei avuto il coraggio di seguirla?” sono tutte domande che ci poniamo mentre osserviamo la storia dal suo punto di vista, finendo inevitabilmente per ammirarlo nel suo tentativo di portare serenità nella vita di Shiki.

Già dal primo capitolo della Saga, Overlooking View, intravediamo poi il carattere misterioso di Shiki Ryougi, dal quale però possiamo avere un comprensione più completa solo a partire dal secondo film.

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La protagonista appare come una figura distante, quasi staccata dal resto del mondo; un osservatore attento che decide di intervenire solo quando lo ritiene necessario. La dualità che l’attanaglia condiziona anche la sua esistenza, insieme al peso di questo potere del quale inizialmente siamo allo scuro e che, andando avanti nella storia, iniziamo a comprendere piano piano, proprio come iniziamo a capire Shiki.

Il primo film funge da introduzione in medias res dell’ambientazione di Garden of Sinners ma è dal secondo, Murder Study (Part. 1), che con un flashback capiamo veramente cosa vuol dire essere Shiki Ryougi. Ad anni di distanza dalla prima visione Shiki rimane ancora un personaggio innovativo e moderno, capace di uscire dalle banali categorizzazioni con una storia di sofferenza e crescita interiore scritta divinamente da Nasu e messa in scena alla perfezione da Ufotable.

Una seducente costruzione di ansia, inquietudine e mistero

Come dicevamo in precedenza, il primo capitolo Overlooking View inizia in medias res, raccontando di una serie di suicidi che sconvolgono al città. Mentre queste misteriose morti si susseguono, Mikiya è in coma dopo aver provato ad investigare la cosa e Shiki decide quindi di intervenire, guidata da Touko, il capo dell’agenzia di investigazione per cui lavora.

Per gran parte del film seguiamo gli avvenimenti senza comprendere veramente cosa sta accadendo, quasi ipnotizzati dallo schermo. Garden of Sinners infatti inizia senza preoccuparsi di darci alcun tipo di informazione e continuerà a farlo anche successivamente, seminando indizi importanti volta per volta e invitandoci a ricostruire i pezzi del puzzle.

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Chi è Shiki?“, “perchè si comporta così?“, “come mai accadono certe cose?” sono quesiti spontenei nel corso di Overlooking View ma ci abituano benissimo a quello che ci aspetta successivamente. Questa impostazione della narrazione a volte caotica e confusionaria può inizialmente spaventare ma è parte integrante dell’esperienza e della costruzione dell’alone di mistero che avvolge la storia.

Il senso di dispersione che il racconto ci trasmette, anche attraverso le poche informazioni che ci vengono date nel corso dei film, contribuisce ad aumentare la sensazione di ansia e disorientamento, fondamentale per vivere al meglio Garden of Sinners.

Nel mettere in scena questo Ufotable ha dato prova di saper interpretare in maniera magistrale l’opera originale di Nasu. Già in Overlooking View, ma ancora di più in Murder Study e Remaining Sense of Pain, il risultato del lavoro dello studio è semplicemente impressionante.

La produzione di Hikaru Kondo ha dato vita ad una castello nel quale ogni singolo mattoncino contribuisce alla straordinaria riuscita dell’opera e sul quale poggia tutto Garden of Sinners. Regia e fotografia non lasciano mai indifferente lo spettatore, incalzandolo nelle maestose scene d’azione e al tempo stesso trasmettendo la giusta emozione anche tra un dialogo e l’altro.

Il tutto viene accompagnato poi da una superlativa colonna sonora scritta da Yuki Kajiura, fondamentale per modellare nello spettatore ansia, terrore e mistero anche a livello sonoro, grazie ad un uso sapiente degli archi e delle arie.

Con questo puzzle perfetto dove ogni pezzettino si incastra precisamente con il resto della produzione, Ufotable ha saputo rendere giustizia ed interpretare al meglio la complicatissima creazione di Kinoku Nasu. Garden of Sinners infatti non è un racconto semplice e vive del mistero e dell’ansia che trasmette. Metterlo in scena alla perfezione era un’impresa titanica ma il team di Ufotable ha dato vita ad un’opera unica.

Ed è grazie a tutto questo che, inconsciamente, lo spettatore rimane sedotto da questa costruzione ambiziosa, fatta di silenzi, personaggi misteriosi, spiritualità, tematiche molto profonde e dai toni dark (ma tanto dark!, ricordatelo ad inizio terzo film, ndr.), della quale sembriamo non capire nulla ma a cui non possiamo in alcun modo rincunciare.

Il primo vero capolavoro Ufotable

Perchè Demon Slayer funziona tanto bene? La sua storia è abbastanza lineare, alcuni personaggi sono simpatici, altri molto emozionanti, ma niente di tutto questo spiega il successo di un’opera buona si, ma per nulla eccezzionale. Ciò che ha reso un fenomeno mediatico un anime come Demon Slayer è il suo studio d’animazione, Ufotable.

Ancora oggi quasi nessuno riesce a creare prodotti così impressionanti come quelli creati dall’ormai celebre studio d’animazione. Se avete visto anche solo qualche clip dell’ultimo film della trilogia di Heaven’s Feel sapete di cosa stiamo parlando: una rappresentazione dell’azione animata come mai vista prima d’ora.

Le fortuna degli ultimi lavori però si fonda su basi altrettanto solide e, risalendo fino al 2007, vediamo chiaramente come il successo dello studio parta proprio dalla prima collaborazione con Kinoku Nasu, The Garden of Sinners.

Il sapiente e ben dosato uso della CGI alternato all’animazione tradizionale che ha reso leggendarie le scene d’azione di Ufotable nasce proprio in questa serie, dove i combattimenti si inseriscono nella complessa e profonda narrazione caricando lo spettatore di adrenalina e immagini sensazionali.

Ma non è solo l’azione a lasciarci senza parole, anche la direzione degli 8 film che compongono la saga rimane, ancora oggi, una delle più interessanti e geniali prove nel campo dell’animazione nipponica. Ogni scena è costruita alla perfezione sullo schermo, ogni scelta di colore contribuisce a caricare emotivamente lo spettatore e l’uso continuo di analogie e metafore visive alimentano ancor di più la sua continua ricerca di comprensione.

Sono ormai passati più di quindici anni dall’apparizione di Shiki Ryougi su schermo ma devo ancora trovare qualcosa che mi colpisca tanto quanto l’uso dei Mystic Eyes of Death Perception.

Legame col vuoto

Kara no Kyoukai in giapponese significa “confine/legame col vuoto” ed è proprio questa sensazione a trasudare dal primo all’ultimo minuto della saga di Kinoku Nasu. Non è facile spiegare come Garden of Sinners riesca a scavare nello spettatore e a toccarlo nel profondo parlando di maghi e omicidi, ma è grazie a questo che la storia di Shiki Ryougi ci risulta originale ancora oggi.

Più di Ufotable, la persona che ha interpretato meglio questa affascinante storia è stata forse Yuki Kajiura, che mentre leggeva il romanzo affermò di aver percepito questa sensazione di cadere nel nulla e di averla così voluta ricreare nella soundtrack del film, riuscendoci egregiamente e mettendo in musica tutto quello che per noi spettatori a parole risulta difficile esprimere.

The Garden of Sinners resta ancora oggi un’opera tanto straordinaria quanto sottovalutata, nascosta tra l’alone di inaccessibilità che cosparge tutte le creazioni di Nasu e l’idea di “vecchio” che in realtà non le appartiene affatto. Iniziare ora la drammatica storia di Ryougi Shiki e del suo universo è una sfida che vogliamo lanciarvi e che speriamo proverete a raccogliere. Noi siamo convinti che alla fine del viaggio, per uno dei tanti motivi elencati qui sopra e per altrettanti che scoprirete durante la visione, non rimarrete affatto delusi.

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Matteo Tellurio

Nascere in un paesino umbro ti porta ad avere tanti hobby. Cresciuto tra console e computer, è da sempre amante di cinema, serie TV e musica, nella quale si diletta in maniera molto amatoriale. Anime e manga invece sono il pane quotidiano ma anche lo sport lo appassiona. Crede di aver visto ogni singola disciplina inserita dal CIO alle Olimpiadi.

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