A un anno dall’uscita di Dragon Quest III HD-2D Remake (qui trovate la nostra recensione), Square Enix chiude il cerchio dedicato alla trilogia dell’eroe Erdrick con il rilascio, in un’unica grande edizione, dei remake in chiave HD-2D dei primi due capitoli della leggendaria saga JRPG: Dragon Quest I e Dragon Quest II .
Sebbene siano stati pubblicati originariamente prima di Dragon Quest III , i primi due capitoli raccontano vicende ambientate molti anni dopo gli eventi del terzo atto e vedono come protagonisti i discendenti diretti del leggendario eroe che, tempo addietro, sconfisse l’Ultrademone Padramos e salvò il regno di Alefgrad.
In attesa di un possibile Dragon Quest XII (e di Dragon Quest VII: Reimagined ), Square Enix conclude la saga di Erdrick con altri due remake di altissimo livello, realizzati nello stile ormai consolidato di Octopath Traveler . Un lavoro capace di svecchiare due pietre miliari della serie e di trasformarle in un ottimo punto di partenza per chi non vi si è mai avvicinato, ma anche in una valida occasione per chi ha già giocato gli originali e desidera riviverli in chiave moderna.
Dragon Quest I : un Eroe contro il maleLe vicende di Dragon Quest I si svolgono molti anni dopo quelle di Dragon Quest III : grazie agli eroici sforzi del leggendario Erdrick, il signore degli Inferi è stato sconfitto e la pace è tornata a regnare sulle terre di Alefgrad. Tuttavia, questo periodo di serenità non è destinato a durare, a causa dell’arrivo del Dragolord, che scatena orde di mostri contro gli esseri umani, minacciando nuovamente la pace del regno.
A raccogliere l’eredità di Erdrick sarà un giovane discendente del leggendario eroe , dotato del coraggio e della forza necessari per affrontare le creature ostili, oltre che di una naturale bontà d’animo. Partito da Tantagel, il protagonista inizia il suo viaggio attraverso il mondo creato dalla dea della Terra Rubiss (la stessa mappa presente in Dragon Quest III , ndr). Durante l’avventura potremo scoprire numerose storie e approfondire alcuni dettagli sulle imprese del precedente Erdrick, che in passato aveva combattuto proprio negli stessi luoghi.
A differenza di quanto accade in Dragon Quest III , la mappa di gioco non richiama in modo evidente luoghi del nostro pianeta: assume quasi sempre le sembianze di un mondo completamente fantasy. La mappa è davvero vasta e liberamente esplorabile, anche perché non esistono particolari mezzi di trasporto oltre ai nostri piedi (la nave sarà introdotta solo nel secondo capitolo, ndr).
Non ci addentreremo troppo nella trama per evitare spoiler; basti sapere che Dragon Quest I è probabilmente il capitolo più lineare dell’intera saga. Al di fuori della storia principale sono presenti pochissime missioni secondarie , e l’avventura può essere completata in circa 15 ore. Rispetto all’originale, sono stati comunque aggiunti numerosi contenuti post-game, ma anche in questo caso preferiamo lasciare al giocatore il piacere di scoprire di cosa si tratta.
Dragon Quest II : la missione dei cuginiSono trascorsi molti anni da quando Alefgrad fu salvata dall’eroe che, per le sue imprese, si guadagnò il titolo di Erdrick , lo stesso del suo leggendario antenato. Nel frattempo sono sorti tre nuovi regni, fondati direttamente dal protagonista di Dragon Quest I e dai suoi discendenti: il regno di Midenhall, il regno di Cannock e il regno di Moonbrooke.
Ed è proprio dal regno di Moonbrooke che iniziano le vicende di Dragon Quest II : il regno viene improvvisamente assalito da un’orda di mostri al servizio del demone Hargon . Moonbrooke viene raso al suolo e a salvarsi è soltanto la principessa , che il re riesce a mettere in salvo prima di morire valorosamente in battaglia. La notizia della distruzione del regno giunge rapidamente a Midenhall , dove il nostro protagonista riceve l’incarico dal padre di avvertire anche il vicino regno di Cannock dell’imminente pericolo.
Dopo aver unito le forze con il cugino, il principe di Cannock, i due si dirigono verso Moonbrooke per verificare la sorte della principessa, che si scoprirà essere ancora viva e nascosta da qualche parte. Una volta ritrovata la loro cugina, i tre decidono di partire insieme all’esplorazione del mondo di Torland (che comprende Alefgrad come una delle sue regioni) per sconfiggere una volta per tutte Hargon. A differenza dell’originale, all’avventura si unirà anche la principessa di Cannock , sorella del principe.
Una trama che sente il peso dell’età Come vedremo più avanti, Dragon Quest I & II HD-2D Remake svecchia sotto moltissimi punti di vista i capitoli originali, ma la trama rimane forse l’aspetto maggiormente ancorato al passato. È infatti molto semplice: in entrambi i giochi i protagonisti sono eroi chiamati a salvare il mondo dai demoni, senza una caratterizzazione particolarmente profonda che li renda davvero iconici.
Prendiamo Dragon Quest I : la trama è estremamente basilare, e dell’eroe emerge unicamente il suo coraggio; i personaggi secondari, inoltre, sono quasi del tutto assenti. La situazione migliora con Dragon Quest II , dove i quattro protagonisti risultano affascinanti proprio nella loro semplicità: incarnano perfettamente l’ingenuità e il coraggio di ragazzi che, per motivi diversi, desiderano proteggere le persone a cui tengono, pur non essendo ancora pronti ad affrontare un esercito di mostri.
Questo è sicuramente il lato su cui Square Enix ha lavorato di meno, e su cui ci sentiamo di dire influisce tantissimo il peso dell’età.
Due classici JRPG svecchiati e rimodernizzati Dragon Quest I & II HD-2D Remake non introduce alcuna meccanica innovativa, anzi, sembra essere un naturale proseguio del lavoro fatto con Dragon Quest III , con quindi tutti gli elementi classici di un JRPG che si rispetti. Ogni personaggio ha un proprio livello , che può essere aumentato accumulando punti esperienza ottenuti sconfiggendo i nemici che appaiono casualmente durante l’esplorazione della mappa di gioco. È possibile personalizzare liberamente l’equipaggiamento di ogni membro del party, che si suddivide in: Arma, Scudo, Armatura, Elmo e due Accessori. Ogni pezzo di equipaggiamento contribuisce a migliorare le specifiche di Attacco, Difesa, Fortuna e Agilità dei personaggi.
II gameplay si basa principalmente sul classico sistema di combattimento a turni tipico della serie, ma introduce alcuni miglioramenti alla quality of life rispetto ai titoli originali, così da rendere l’esperienza più fluida e moderna. Tra questi troviamo:
Apertura automatica delle porte , purché si possieda la chiave corretta corrispondente al colore della porta da aprire. In entrambi i titoli troviamo le stesse tre chiavi: chiave del ladro, chiave magica e chiave del potere;Una borsa per gli oggetti , che sostituisce l’originale Banca e permette di conservare comodamente tutto ciò che non è equipaggiato dal party;Ordinamento automatico dell’inventario , utile per mantenere gli oggetti sempre organizzati.Molto comoda è anche l’aggiunta di un tasto dedicato alla cura automatica del party , che consente di recuperare rapidamente i PV utilizzando gli incantesimi curativi a disposizione dei membri del gruppo. A differenza di Dragon Quest III , in questi due capitoli non troviamo un ciclo giorno-notte all’interno della mappa, una meccanica introdotta per la prima volta proprio dal terzo capitolo.
È stato migliorato anche il livello di difficoltà: noi abbiamo giocato a difficoltà Normale e, se nel terzo capitolo ci era sembrata fin troppo tarata verso il basso, qui accade l’esatto contrario. In Dragon Quest I la gestione delle risorse e del leveling del personaggio diventa fondamentale : avendo un solo protagonista, è essenziale poter resistere agli attacchi delle orde di nemici che si incontrano lungo il viaggio. Se si arriva anche solo leggermente sottolivellati a un boss, saranno di più i turni passati a curarsi rispetto a quelli in cui effettivamente si attacca.
Il discorso non cambia in Dragon Quest II , nonostante si abbia un party più numeroso: molti boss possono attaccare fino a quattro volte nello stesso turno , rendendo indispensabile una strategia precisa e ben studiata. Durante i combattimenti è possibile controllare manualmente tutti i membri del party oppure impartire istruzioni specifiche solo ad alcuni, permettendo loro di agire autonomamente. Questo approccio può funzionare contro i nemici più deboli, ma contro i boss ci siamo quasi sempre ritrovati a dover gestire personalmente ogni singolo personaggio.
Due mondi di gioco vivi, ma forse troppo lineari I due capitoli di questo Remake offrono un approccio all’esplorazione completamente diverso : se in Dragon Quest I , una volta usciti dalla città di Tantegel, possiamo muoverci liberamente e seguire il percorso che preferiamo, lo stesso non si può dire per Dragon Quest II , dove per avanzare nell’esplorazione sarà necessario ottenere mezzi specifici (come la nave o la possibilità di esplorare le aree subacquee).
All’inizio di una nuova partita, il gioco propone due approcci differenti, basati principalmente sulla scelta di visualizzare o meno gli obiettivi sulla mappa . Optando per un’esplorazione “alla cieca”, il progresso dipenderà esclusivamente dalle informazioni raccolte parlando con gli abitanti del mondo di gioco: i loro suggerimenti saranno fondamentali per capire dove andare e cosa fare.
Per chi preferisce un’esperienza più guidata, è sempre possibile attivare la visualizzazione degli obiettivi sulla mappa. Tuttavia, se si desidera un’esperienza più autentica, da vero RPG classico, consigliamo di disattivare questi aiuti e di lasciarsi guidare solamente dall’esplorazione e dal dialogo.
Come accennato in precedenza, non sono presenti molte missioni secondarie, spesso limitate al recupero di equipaggiamenti opzionali utili a potenziare il party. Nonostante ciò, si tratta comunque di due titoli piuttosto longevi: circa 15 ore per completare il primo capitolo e 40 ore per il secondo, senza considerare i contenuti post-game.
L’arte dell’HD-2D Come già anticipato, con Dragon Quest I & II Remake Square Enix ha scelto di adottare uno stile grafico HD-2D , ispirato a Octopath Traveler , che mescola pixel art, scenari tridimensionali e giochi di luce sofisticati . Il risultato è, come sempre, meraviglioso: le ambientazioni sono curate nei minimi dettagli, affascinanti da osservare e ricche di colori che rendono ogni città unica. I personaggi mantengono uno stile in pixel art che richiama le texture originali, ma si integrano alla perfezione con il contesto 3D del mondo di gioco.
Il frutto di questa fusione è un titolo capace di unire modernità e classicismo , rimanendo il più fedele possibile ai due capitoli originali.
Meravigliosa anche la colonna sonora, una rivisitazione del lavoro del leggendario Koichi Sugiyama ed eseguita dalla Tokyo Metropolitan Symphony . Le composizioni classiche sono state arricchite e rese più immersive, offrendo un’esperienza sonora di altissimo livello per entrambi i titoli. Tutti questi elementi contribuiscono a immergere completamente il giocatore, facendolo sentire parte integrante del mondo di gioco e spingendolo a godersi ogni singolo momento dell’avventura.
La degna conclusione della trilogia di Erdrick Con Dragon Quest I & II HD-2D Remake , Square Enix ha scelto una strategia di “restaurazione” , puntando a modernizzare due capitoli leggendari senza stravolgerne l’essenza: migliorare ciò che andava migliorato, lasciando però intatta la magia che da sempre contraddistingue questi titoli.
Il risultato sono due giochi capaci di essere moderni e classici allo stesso tempo, mantenendo il fascino dei capitoli originali del 1986 e 1987, ma presentandolo attraverso uno stile grafico visivamente straordinario. È lo stesso approccio adottato con Dragon Quest III , e funziona ancora una volta: un lavoro che rende questi remake piacevoli sia per chi conosce già gli originali, sia per chi si avvicina alla saga per la prima volta.
I due Dragon Quest si confermano titoli solidissimi, che fanno ciò che promettono senza particolari mancanze. Si potrebbe criticare a Square Enix una certa pigrizia nel proporre un modello praticamente identico al remake del terzo capitolo, ma la scelta di dare ai tre giochi della trilogia lo stesso trattamento ha una sua logica. Forse, l’unica domanda da porsi è: non sarebbe stato meglio pubblicarli tutti e tre insieme in un’unica edizione?
Con Dragon Quest I & II Remake prosegue il rilancio di una saga rimasta per troppo tempo in ombra. E con il già annunciato remake di Dragon Quest VII (con un nuovissimo stile grafico) chissà che Square Enix non decida finalmente di regalarmi anche il tanto desiderato remake dell’ottavo capitolo .
Dragon Quest I & II HD-2D Remake, la recensione: la storia dei discendenti di Erdrick
Comparto tecnico e sonoro
9
Coerenza e cura nel dettaglio
8
Pros
Lo stile grafico HD-2D è visivamente bellissimo
Due JRPG solidissimi sotto tutti i punti di vista
Sa combinare originale e moderno in modo magistrale
Gameplay a turni tattico e soddisfacente
Cons
Stessa soluzione adottata con Dragon Quest III, con modifiche nulle
Una trama forse fin troppo banale
Tanti personaggi, ma poco caratterizzati
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