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Silent Hill f, la recensione: l’esperimento di Konami

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Da qualche tempo, Konami sembra essere tornata sui propri passi, rispolverando alcuni dei nomi storici che in passato hanno contribuito al suo successo. I recenti remake di Silent Hill 2 e Metal Gear Solid Delta: Snake Eater testimoniano la buona volontà della software house di ristabilire un legame con il proprio pubblico, cercando al contempo di lasciarsi alle spalle le controversie che l’hanno vista protagonista negli ultimi anni.

Pur avendo ricevuto un buon riscontro da critica e giocatori, questi progetti rappresentano solo un primo passo. Silent Hill f si presenta come la vera prova del nove: il titolo che dovrà dimostrare se Konami sia davvero capace di proporre nuove esperienze, senza limitarsi a rivisitare i grandi classici. In questa recensione vi raccontiamo luci e ombre della nuova opera firmata Konami.

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Un nuovo orrore

Silent Hill f è un titolo che ha fatto parlare di sé fin dal primo annuncio, presentandosi con un’estetica unica e suggestiva, ma profondamente diversa da quella a cui la serie ci aveva abituati. L’iconica cittadina americana, infatti, lascia il posto a Ebisugaoka: un’affascinante località giapponese di periferia, intrisa di folklore e atmosfera tradizionale, che ricorda da vicino le ambientazioni viste in saghe come Fatal Frame e Forbidden Siren.

Quella operata da NeoBards Entertainment, principale team di sviluppo, è una scelta che potrebbe non essere ben accolta dai fan più puristi della serie. Tuttavia, è perfettamente coerente con l’intento di trasformare Silent Hill in un concetto più astratto, metaforico e simbolico, superando l’idea di una città fisica e concreta. È importante sottolineare che questo titolo si discosta dai precedenti soprattutto nella forma, più che nei contenuti, mantenendosi pienamente in linea con lo spirito del franchise.

A rendere Silent Hill f degno del nome che porta è soprattutto il comparto narrativo, ricco di tematiche profonde e affrontate con la giusta sensibilità. All’interno della struttura narrativa la componente femminista occupa un ruolo centrale, rafforzata dal contesto storico e culturale dell’ambientazione. Il Giappone degli anni ’60 era infatti segnato da una forte disparità di genere, considerata all’epoca una norma sociale: molte donne erano costrette a sottomettersi alla volontà maschile, a scapito della propria dignità e libertà personale.

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Hinako, la protagonista, è una ragazza che si trova esattamente in questa condizione. Tuttavia, a causa del suo carattere ribelle e poco conforme agli stereotipi femminili dell’epoca, si oppone alla visione del mondo che la vorrebbe servile e accondiscendente nei confronti della famiglia e dei compagni di classe. Questo atteggiamento genera una serie di dinamiche complesse con le persone che la circondano: tra chi la ammira per il suo spirito combattivo e chi, al contrario, la disprezza o la invidia per la sua tenacia.

Una fuga da un’ennesima lite familiare catapulta Hinako in un viaggio che fonde costantemente realtà e immaginazione, memorie dolci e paure profonde. In compagnia di amici e compagni di scuola, dovrà affrontare una misteriosa infestazione che sta corrompendo la sua città natale, dando vita a orribili creature e a fiori maledetti. Parallelamente, sarà costretta ad affrontare anche un percorso nell’Altromondo: un piano onirico e introspettivo ispirato all’architettura shintoista, nel quale cercherà di comprendere sé stessa e le persone che la circondano.

È doveroso fermarsi a queste premesse, poiché l’esperienza di gioco si fonda proprio sulla capacità del giocatore di esplorare, interpretare e ricostruire la narrazione attraverso gli indizi disseminati nel mondo di gioco: note, appunti scritti da Hinako e altre trovate intelligenti. Il lavoro svolto mantiene alta la tensione narrativa anche grazie a personaggi ben caratterizzati e a una messa in scena tanto suggestiva quanto disturbante.

Assolutamente riuscita è la collaborazione con Ryukishi07, celebre autore di visual novel, che porta in dote tutta la sua esperienza nel genere horror psicologico giapponese. Il progetto riesce così a fondere con successo due anime creative: quella dello scrittore, esperto in tensioni interiori e orrori simbolici, e quella più classica e psicologica tipica della serie Silent Hill. I parallelismi con le opere di Ryukishi07 sono numerosi, a partire da Ebisugaoka, che ricorda immediatamente la disturbante Hinamizawa di Higurashi: When They Cry.

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La componente orrorifica di Silent Hill f eredita gli elementi più tradizionali della serie, rielaborandoli in modo originale e perfettamente coerente con la natura del progetto. Se nei capitoli storici del franchise il simbolismo cristiano, pagano ed ebraico svolgeva un ruolo centrale, qui, come già accennato, sono lo shintoismo e il buddismo a costituire le fondamenta simboliche, fungendo da collante tra design, ambientazione e narrazione.

Ad esempio, mentre nei titoli classici la corruzione dell’ambiente veniva spesso rappresentata con pareti arrugginite o pelle viva cucita, Silent Hill f opta per un approccio più elegante: utilizza i higanbana (gigli ragno rossi), splendidi fiori scarlatti che, nella cultura giapponese, simboleggiano la morte, il distacco e l’addio. Non a caso, sono spesso presenti nei cimiteri, dove crescono sopra le lapidi, accentuando il senso di perdita e fine imminente.

Il monster design si discosta solo in parte dall’iconico stile di Masahiro Ito. Le creature presentano infatti elementi floreali, frammenti di bambole e lame da cucina, tutti simboli strettamente legati al percorso spirituale di Hinako, senza però rinunciare a quell’estetica viscida, decomposta e disturbante che è ormai una cifra stilistica della saga. Nonostante le differenze, molti dei mostri risultano visivamente affascinanti, capaci di evocare un senso di inquietudine profonda più che semplice orrore visivo.

Combattimenti spaventosi…

Parlando della struttura di gioco, Silent Hill f riprende molte caratteristiche della classica formula survival horror, codificata nel tempo dai grandi capisaldi del genere. Nei panni di Hinako il giocatore dovrà esplorare ambienti ampi alla ricerca di documenti, risorse e chiavi indispensabili per proseguire, affrontando nel frattempo diversi ostacoli sotto forma di nemici pericolosi e puzzle ambientali che bloccano il passaggio.

La parte più controversa dell’esperienza riguarda proprio il sistema di combattimento. È bene chiarire subito che nessun titolo del franchise ha mai fatto del combat system il suo punto di forza. Proprio per questo, NeoBards Entertainment ha deciso di cambiare approccio, optando per una meccanica più arcade, nel tentativo di trovare un equilibrio tra coerenza narrativa e divertimento pad alla mano.

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Considerando il contesto e la giovane età della protagonista, le armi da fuoco sono assenti, lasciate in America, a favore di un sistema incentrato sul combattimento corpo a corpo. Sarà quindi necessario raccogliere tubi, mazze, coltelli e martelli (tutti con durabilità limitata) per difendersi dalle creature. A seconda dell’arma impugnata, varieranno velocità d’attacco, probabilità di stordimento e resistenza dell’arma, che potrà essere riparata prima della rottura definitiva utilizzando appositi strumenti reperibili nel mondo di gioco.

Il parco mosse di Hinako, su cui si fonda l’intera esperienza ludica, include attacchi leggeri, pesanti e contrattacchi, questi ultimi attivabili con il giusto tempismo in risposta agli attacchi nemici. Tale meccanica è facilitata dall’uso della concentrazione, una funzione che rallenta il tempo consumando la sanità mentale della protagonista, rappresentata da una barra visibile nell’interfaccia.

La protagonista dovrà inoltre gestire la stamina, consumata da corsa, attacchi e schivate. Una delle tecniche più efficaci per sfuggire al pericolo è la schivata perfetta, che, se eseguita con il giusto tempismo, consente di evitare un colpo e rigenerare istantaneamente l’intera barra di stamina.

Gli avversari che si incontrano lungo il cammino sono numerosi e ben differenziati, sia nei pattern offensivi sia nei comportamenti. Alcuni sono in grado di immobilizzare Hinako con urla disumane, altri attaccano dalla distanza sputando colpi corrosivi, obbligando il giocatore ad adattare costantemente la propria strategia.

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Tuttavia, nonostante le buone intenzioni del team, l’esperimento risulta nel complesso fallimentare, a causa di uno sbilanciamento evidente tra dinamiche ludiche e design degli scontri, che si allontanano dalle fondamenta tipiche del survival horror. Per questo motivo si consiglia caldamente di scegliere la modalità “Storia” all’inizio della partita: già dal livello di difficoltà intermedio, infatti, i combattimenti tendono a diventare lunghi, ripetitivi e anticlimatici, andando a compromettere l’esperienza generale.

Il gioco, inoltre, spinge continuamente verso un approccio aggressivo, a causa di un’eccessiva quantità di risorse e nemici, al punto da ricordare nei ritmi più un action adventure moderno, come i titoli FromSoftware o i recenti God of War, che non un vero survival horror. Evitare il combattimento non è quasi mai un’opzione praticabile, ma allo stesso tempo gli scontri risultano monotoni, privi di tensione e spesso frustranti.

L’impressione è che questa struttura di gioco sia stata introdotta forzatamente, nel tentativo di attirare un pubblico più ampio ma distante dallo spirito originale del franchise. Una scelta che finisce per minare, in modo sostanziale, la coerenza e la qualità complessiva del progetto.

Piccoli passi in avanti

Più interessante, invece, è l’evoluzione apportata al sistema di progressione, che, pur senza risultare rivoluzionaria,  introduce un minimo di profondità in una serie che raramente ha cercato di migliorare questo aspetto. Tutto ruota attorno all’utilizzo di una valuta di gioco chiamata fede, spendibile presso piccoli altari Hokora sparsi per le mappe. Questi fungono da checkpoint narrativi e da momenti in cui fare il punto della situazione.

La fede si ottiene offrendo agli altari Hokora oggetti reperibili durante l’esplorazione. Può essere utilizzata per potenziare alcune statistiche vitali di Hinako oppure per acquistare un omamori casuale: un amuleto portafortuna in grado di conferire bonus passivi di utilità variabile.

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La particolarità del sistema sta nel fatto che la maggior parte degli oggetti donabili agli altari possono essere utilizzati anche per ripristinare la salute. Il gioco mette quindi costantemente il giocatore di fronte a una scelta: sacrificare risorse preziose per migliorare le abilità della protagonista oppure conservarle per sopravvivere nel breve termine. Questo sistema, oltre a introdurre un’interessante gestione delle risorse, incentiva e valorizza anche l’esplorazione, che risulta più ricca rispetto agli standard della serie, con numerosi elementi opzionali da scoprire oltre ai classici oggetti chiave e documenti narrativi.

A differenza di quanto visto nel recente remake di Silent Hill 2, Ebisugaoka è una cittadina più piccola e opprimente, caratterizzata da vicoli stretti e ambienti claustrofobici. La sua esplorazione è quindi più funzionale all’avanzamento della trama e meno centrale nell’esperienza di gioco. Le occasioni in cui il giocatore si troverà a esplorare liberamente l’intera città sono piuttosto rare: spesso, al contrario, ci si troverà costretti ad abbandonarla in fretta per fuggire dall’infestazione che lentamente la sta consumando.

Nelle mappe chiuse, invece, l’esplorazione assume connotazioni più classiche: porte bloccate da sbloccare, chiavi da trovare e enigmi ambientali da risolvere. Questi ultimi si sono rivelati ben pensati e stimolanti per la maggior parte del tempo, fatta eccezione per un paio di puzzle meno intuitivi. Come da tradizione, è possibile selezionare il livello di difficoltà degli enigmi all’inizio della partita, offrendo così un buon margine di personalizzazione dell’esperienza.

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In termini di rigiocabilità, Silent Hill f adotta una struttura più peculiare rispetto ai precedenti capitoli della serie, avvicinandosi maggiormente all’impostazione delle visual novel. Sebbene la prima partita risulti autosufficiente e già piuttosto esaustiva, il titolo incoraggia una seconda giocata per scoprire nuove informazioni sui personaggi, aree segrete, scene di intermezzo aggiuntive e finali alternativi. Non mancano inoltre easter egg e simpatici riferimenti ai capitoli precedenti, a dimostrazione della cura con cui è stato pensato l’omaggio alla saga.

Tecnica e sonoro

Sul piano tecnico, Silent Hill f è visivamente molto gradevole e presenta uno stile peculiare nell’uso dell’Unreal Engine 5. Tutti i modelli sono realizzati con grande attenzione ai dettagli, dai personaggi secondari fino alle creature più disturbanti. La città stessa è costruita con tale cura e atmosfera da risultare immediatamente immersiva. Tuttavia, il titolo soffre di problemi di ottimizzazione, con episodi di freeze e stuttering anche su PC di fascia alta, che rischiano di compromettere l’esperienza.

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Il comparto sonoro è promosso a pieni voti. Pur non raggiungendo l’eccellenza delle colonne sonore della trilogia originale, la OST contiene tracce degne di nota e un tema principale memorabile. Il sound design si distingue per precisione e coerenza con le atmosfere inquietanti e macabre che pervadono l’intera avventura.

Silent Hill f: iconico, ma imperfetto

In conclusione, Silent Hill f è un capitolo fortemente divisivo e sperimentale sotto molti aspetti e questo, in un certo senso, va lodato. Riesce a colpire nel segno per quanto riguarda la direzione artistica e l’intreccio narrativo, due elementi da sempre fondamentali per il DNA della saga survival horror targata Konami. Tuttavia, l’aspetto ludico mal calibrato e una gestione discutibile delle dinamiche di gioco rappresentano un freno importante, nonché l’ennesima occasione persa per rilanciare la serie anche dal punto di vista del design interattivo.

Nonostante ciò, Silent Hill f rimane consigliato ai fan della serie, agli amanti delle storie ben scritte e a chi apprezza l’horror psicologico e folklorico di stampo giapponese. Un’opera perfettibile, ma affascinante, che merita di essere vissuta, analizzata e discussa.

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Silent Hill f
Gameplay e longevità
5
Comparto grafico e sonoro
8
Coerenza e cura nel dettaglio
8
Pros
Atmosfera unica e narrativa riuscita
Graficamente solido
Novità interessanti nel sistema di progressione
Rigiocabilità maggiormente incentivata rispetto al solito
Cons
Sistema di combattimento povero
Posizionamento dei nemici mal calcolato
Ritmo dell'avventura altalenante
Alcuni enigmi fin troppo criptici
7
VOTO

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Gioco ai videogiochi.

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