In barba all’arsura degli ultimi mesi torno a parlare di yuri qui su SpaceNerd. Sì, perché ormai è praticamente una tradizione, che si è ripetuta con (quasi) ogni nuova serie della casa editrice perugina. E sì, scrivere questa introduzione senza ripetere con lo stampino quello che ho scritto le volte precedenti, sta diventando sempre più difficile. Quindi, per evitare di dover spremere troppo le meningi in questo caldo pomeriggio d’Agosto, passo direttamente a parlare del manga.
A White Rose in Bloom è un manga di genere yuri, scritto e disegnato da Asumiko Nakamura, serializzato dalla casa editrice Hakusensha sulla rivista Rakuen Le Paradis a partire dal 2017. Al momento, in patria sono stati pubblicati 3 volumi, con un quarto che dovrebbe essere rilasciato nelle prossime settimane. Si tratta di un unicum nella produzione dell’autrice, in quanto Nakamura è famosa principalmente per la realizzazione di manga boys’ love, che rappresentano una grande fetta delle sue pubblicazioni.
A White Rose in Bloom è ambientato in un collegio cristiano tutto al femminile, in un imprecisato paese europeo (anche se, all’interno di uno dei capitoli, vengono utilizzati i dollari come valuta). La protagonista della storia, Ruby Canossa, vive una tranquilla vita all’interno della scuola insieme alle sue amiche, quando improvvisamente le arriva la notizia che, a causa di un viaggio dei genitori, sarà costretta a rimanere al collegio durante le vacanze di Natale. Durante queste vacanze, Ruby entrerà progressivamente sempre più in intimità con Stephanie Nagy, una misteriosa studentessa più grande che nasconde un passato tragico, soprannominata Steph d’acciaio per la freddezza e la camminata robotica.
Nel corso del primo volume non ci sono enormi sviluppi di trama, e anche il rapporto tra le due protagoniste segue una progressione piuttosto lenta. Vengono introdotti diversi personaggi secondari, ma nessuno di essi si rivela particolarmente importante nelle vicende di questi primi capitoli. Il manga sembra, per certi versi, uscito da un’altra epoca, e il motivo è presto detto.
Nakamura, per la realizzazione di A White Rose in Bloom, si è fortemente ispirata alle storie della cosiddetta Classe S (S kankei), un termine nato nel Giappone del primo ‘900 che andava a indicare un tipo di attrazione romantica platonica tra donne, grandi amiche. Questo termine ha poi identificato un genere letterario che aveva come fulcro proprio questo tipo di relazioni, spesso ambientate proprio in scuole tutte al femminile.
In particolare, A White Rose in Bloom richiama la serie di light novel Maria-sama ga Miteru(1997), opera che viene considerata come la rinascita del genere della Classe S dopo un lungo periodo sfortunato. Con quest’ultima, e con Strawberry Panic(2003), altra serie di light novel yuri, l’opera di Nakamura condivide i principali aspetti in comune: l’ambientazione del collegio cristiano, anche se qui trasferito in Europa, rispetto al Giappone delle due serie sopracitate, e i rapporti d’amore, platonico e non, tra le ragazze del dormitorio.
Ecco spiegato, il perché l’opera della Nakamura abbia un gusto vagamente retrò o comunque distante dai canoni dello yuri moderno: l’omaggio voluto rendere ai vecchi titoli è evidente. Certo, questo non può giustificare l’approccio poco interessante di questo primo volume, che infatti non mi ha soddisfatto pienamente.
Come già accennato, A White Rose in Bloom in questo primo volume non offre molti spunti di trama che abbiano suscitato favorevolmente la nostra curiosità, e gli argomenti trattati non suscitano riflessioni particolarmente profonde. Un elemento più positivo sembrerebbe essere invece la caratterizzazione dei personaggi, soprattutto le due protagoniste, ma anche alcune delle ragazze secondarie hanno fatto intravedere lati interessanti.
Pure i disegni e in particolare il character design non mi hanno fatto impazzire, pur presentando alcuni elementi sicuramente positivi, come ad esempio una buona espressività dei volti e una particolare cura riservata alle capigliature dei personaggi. Sfortunatamente, non sono mai stato un fan di stili di disegno retrò, e anche in questo caso si conferma questo trend. Se a ciò ci si aggiunge inoltre una mancanza di sfondi particolarmente reiterata, non posso che ritenermi insoddisfatto dell’aspetto visivo del manga.
Passando invece all’aspetto più tecnico, sono ancora una volta molto soddisfatto dell’edizione confezionata da Star Comics per questa serie. Come le altre serie yuri della collana Queer, A White Rose in Bloom si presenta nel formato 12.8×18 cm, con sovraccoperta (questa volta addirittura con effetto carta invece del classico plasticoso) e qualche pagina a colori, offerta al prezzo di 6,90€. Non ho invece commenti negativi da fare sulla traduzione, come invece ci era capitato l’ultima volta…
Tirando quindi le somme, come avrete capito dal resto dell’articolo, A White Rose in Bloom non ha pienamente incontrato il mio gusto da lettore; sono sicuro che, almeno in parte, ciò sia dovuto anche alla mia mancanza di conoscenza approfondita dei titoli a cui si è ispirata l’autrice per questa storia, elemento che sembrerebbe essere molto importante (ma la mancata comprensione di questi elementi non ha impedito ad altre persone di apprezzare Yuri is My Job!, altra serie che si rifà molto alla classe S e in particolare a Maria-Sama, ndr).
Se a ciò aggiungo il parere negativo sui disegni, mi risulta particolarmente difficile consigliare quest’opera, soprattutto considerando che l’autrice non la porta avanti a velocità particolarmente spedita e soprattutto considerando le altre serie yuri già disponibili e con numerosi volumi all’attivo, che ho recensito con giudizio decisamente più positivo rispetto ad A White Rose in Bloom.
Consiglierei quest’opera quindi fondamentalmente a due categorie di persone: ai nostalgici e a chi ha già letto tutti gli altri yuri disponibili in fumetteria. A tutti gli altri, consiglierei invece di ripiegare su opere con un entry level decisamente più basso.
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