Siamo finalmente tornati. Dopo più di un anno d’assenza dall’ultimo appuntamento, ritorniamo finalmente a trattare di girl’s love, e quale migliore occasione per farlo dell’ultimo arrivato del catalogo di Star Comics, I’m in Love with the Villainess?
I più affezionati ricorderanno infatti le nostre recensioni di Whisper Me a Love Song, Run Away with Me, Girl e I Married a Girl to Shut My parents Up!. Purtroppo abbiamo dovuto saltare, a causa degli impegni fieristici, l’unica altra uscita yuri di quest’anno della Star, ovvero Yuri is My Job!, ma contiamo prima o poi di rimediare.
I’m in Love with the Villainess è un manga yuri/isekai, romantico con una spiccata vena comica che non disdegna momenti più profondi e riflessivi quando necessario. Al momento in patria sono stati pubblicati 7 volumi, scritti da Inori e disegnati da Aonoshimo, serializzati sulla rivista Comic Yuri Hime della Ichijinsha (la stessa di Whisper Me a Love Song, ndr). In realtà si tratta della trasposizione di una Light Novel, conclusa in 5 volumi pubblicati tra il 2019 e il 2021, scritta sempre da Inori. Dalla serie è anche stato tratto un anime attualmente in corso e che potete trovare, sottotitolato e doppiato in Italiano, su Crunchyroll.
La serie è ambientata nel mondo di Revolution, un fittizio Otome Game, ossia un Dating Sim per ragazze. La protagonista, Rei Ohashi, si ritrova all’improvviso catapultata nel mondo del suddetto gioco nei panni dell’eroina principale, Rae Taylor.
Si potrebbe quindi pensare a tanti trope e cliché già visti, con la protagonista reincarnata che deve cercare di far cadere ai suoi piedi i vari spasimanti (in questo caso dei principi) presenti all’interno del gioco. Ma ecco che entra in scena la sovversione dello stereotipo citata già nel titolo dell’opera: il personaggio di cui è innamorata Rei, e quindi colei che cercare di conquistare, opponendosi al naturale svolgimento della trama del gioco, è l’antagonista della storia, l’aristocratica Claire François.
Claire, ovviamente, non è esattamente entusiasta di fare questa scoperta e tenterà in ogni modo di tenere a distanza Rei e farla desistere dai suoi obbiettivi romantici. Siamo onesti sin da subito: I’m in Love with the Villainess non presenta propriamente una delle trame più originali di sempre; al contrario, chi è un assiduo consumatore di media giapponesi potrà sicuramente notare che elementi come la reincarnazione, specialmente in un otome game e con la presenza della figura della Villainess centrale nelle vicende non sono proprio una novità.
Di solito in questo tipo di storie è però la protagonista a reincarnarsi nella cattiva. Vedere per una volta la situazione capovolta porta una boccata d’aria fresca a un genere che francamente stava iniziando a essere stantio. Fortunatamente non sono solo belle premesse, poiché I’m in Love with the Villainess riesce a convincere anche sotto altri aspetti: il rapporto di amore-odio di Rae e Claire, che potrebbe apparire tossico a un primo sguardo, lascia intravedere sfumature molto più profonde. La loro relazione è gestita più che bene, e nei primi due volumi si sente chiaramente come cresca passo dopo passo, capitolo dopo capitolo.
Claire per il momento sembra avere più di un tratto comune alla classica cattiva/tsundere che abbiamo imparato a conoscere e apprezzare(o odiare?) in innumerevoli opere in passato; ma abbiamo potuto notare piccoli spiragli che, sommandoli anche a come l’opera gioca con gli stereotipi e i cliché, potrebbero rivelarci in futuro dettagli più sorprendenti. Noi siamo fiduciosi.
Abbiamo apprezzato anche i personaggi secondari, tutti abbastanza diversi tra di loro e simpatiche aggiunte di supporto alle nostre due protagoniste, chi più e chi meno.
Ci ha anche sorpreso positivamente il modo in cui viene trattata la tematica dell’amore omosessuale di Rae. Spesso, in opere di stampo comico e con mood più scanzonati di questo tipo, discussioni profonde su queste tematiche stentano a trovare spazio. Qui invece già nel secondo volume abbiamo una discussione articolata su ciò che prova la protagonista, portata avanti anche con estrema naturalezza e senza mai creare confusioni.
Siamo quindi di fronte allo yuri del secolo, pronto a rivoluzionare il mercato anche in Italia? No, probabilmente no; pur avendo tessuto le lodi di I’m in Love with the Villainess finora, non possiamo dire di essere pienamente soddisfatti al 100%. Il titolo ci ha soddisfatto sì, ma sentiamo una mancanza di mordente nella storia che vuole raccontare. Per il momento rimaniamo fiduciosi, ma ci teniamo queste riserve.
Per quanto riguarda il lato più “tecnico” del manga, il character design di I’m in love with the Villainess e i disegni di Aonoshimo si difendono abbastanza bene sui personaggi e le espressioni. Certo, non fanno strappare i capelli e in qualche occasione li abbiamo trovati davvero spogli, ma, considerato il tipo di prodotto, capiamo che il focus sia su altro (nello specifico, disegni esagerati per far risaltare le gag e volti espressivi, ndr).
E per una volta ci ritroviamo qui, in questo paragrafo, dopo innumerevoli articoli di lodi per le edizioni e le traduzioni sempre curate perfettamente dalla Star Comics a dover invece bacchettare la suddetta casa editrice. Se infatti sull’edizione non abbiamo niente da dire, rimanendo la classica da 12.8×18 cm, sovraccoperta e immagini a colori al prezzo di 6,90€ degli altri yuri della collana Queer, con in più l’aggiunta al fondo del volume di simpatiche storie spin-off che offrono contesto sul mondo in cui è ambientata la storia, molte parole potremmo spendere sulla traduzione.
I due volumi di I’m in Love with the Villainess infatti soffrono di alcune imperfezioni tecniche per quanto riguarda soprattutto termini videoludici tradotti erroneamente in italiano. Ad esempio, il traduttore utilizza l’espressione “un gioco avventuroso di simulazione sentimentale” per descrivere Revolution. Ma nessun gamer in Italia utilizzerebbe mai queste parole per definire un gioco del genere, che avrebbe potuto essere italianizzato in “un’avventura grafica con elementi di simulatore d’appuntamenti” oppure all’inglese “una Visual Novel con elementi Dating sim“.
Ora, chiaramente non basta questo singolo esempio per dire che la traduzione sia pessima o imprecisa, ma più di una volta quando ci si riferisce al gioco ci sono capitati davanti errori di questo tipo, e anche durante i dialoghi abbiamo notato qualche errorino meno grave qua e là.
Per concludere, ci sentiamo di consigliare I’m in Love with the Villainess sicuramente a tutti gli amanti degli yuri, ma anche a chi, stanco del classico approccio degli isekai moderni, cerca qualcosa di più fresco e che sappia offrire qualcosa di più a un genere un po’ stantio, grazie alla sovversione delle aspettative e a tematiche LGBT trattate in maniera estremamente naturale. Sperando che i prossimi volumi aggiungano un po’ di pepe in più a una storia con buone premesse.
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