Tatsuki Fujimoto Short Stories 22-26 Pros L'edizione deluxe rimane una delle migliori Le storie offrono tutte interessanti spunti di riflessione Nayuta vale da sola il prezzo del biglietto I disegni si mantengono su un ottimo livello Ndr: Prima di iniziare lettura della recensione, consigliamo a chi non l’avesse ancora fatto di leggere la recensione della prima raccolta di Short Stories , in quanto alcuni dei concetti che tratteremo ricorrono sin dall’articolo precedente (soprattutto in merito al percorso di crescita di Fujimoto come autore).
Il secondo volume di Short Stories di Tatsuki Fujimoto: Star Comics porta in casa nostra un piccolo gioiello È passato circa un mese da quando, alla fine della recensione della raccolta 17-21, consigliavamo il volume come un buon antipasto prima di gettarsi a capofitto nelle opere principali dell’autore. Si trattava sicuramente di storie di buona fattura , che abbiamo anche premiato con dei voti decisamente buoni, pur non raggiungendo picchi qualitativi estremamente elevati.
Perché questa premessa? Perché, pur essendo consci dei vertici che Fujimoto ha saputo raggiungere sia con le sue serie sia nei suoi one-shot, mai ci saremmo aspettati un upgrade contenutistico così sostanziale tra una raccolta e l’altra ; se da un punto di vista prettamente artistico la maturità dell’autore poteva definirsi raggiunta già con l’ultima storia del volume precedente, trame e personaggi di questa seconda antologia sono decisamente uno o due spanne sopra i precedenti.
Il modo in cui le tematiche vengono sviscerate, concentrando molti concetti nelle poche pagine a disposizione delle singole storie, donano al volume un ritmo intenso, che cattura l’attenzione del lettore dalla prima all’ultima pagina. Rispetto al volume precedente, il filo conduttore delle storie si sposta dall’impotenza all’importanza dei legami ; l’elemento della follia, pur con la presenza di alcune situazioni decisamente bizzarre, è decisamente meno presente , per far spazio a temi quali l’emarginazione sociale e una critica al bigottismo della società giapponese.
Legami e normalità Come abbiamo detto in apertura, se nel primo volume potevamo apprezzare principalmente l’evoluzione del tratto di Fujimoto, quello che più impressiona in questo volume è la sua abilità di narratore ; questo salto di qualità si nota soprattutto tra la seconda e la terza storia, probabilmente anche grazie all’esperienza maturata con il lavoro fatto su Fire Punch , all’epoca già in corso di serializzazione da circa un anno.
Non per questo le prime due storie sono da buttare, anzi: già dalla prima, La Rapsodia delle Sirene , possiamo notare qualche piccolo cambiamento in Fujimoto. Pur riprendendo in larga parte lo schema dell’ultima storia della prima antologia (Shikaku ), ossia il rapporto tra un essere umano emarginato dalla società e un essere sovrannaturale , in questo short l’elemento della follia è quasi totalmente assente. Del resto, l’autore stesso ammette di aver scritto l’opera per “sfida”, in quanto la redazione di Jump SQ. lo considerava incapace di scrivere storie normali.
Ma non confondiamo la normalità con la banalità. Pur non essendo una premessa che spicca per originalità, i temi trattati e il modo in cui la storia viene narrata la rendono comunque una lettura più che piacevole. Senza incorrere in spoiler, possiamo dirvi che sia l’evoluzione del rapporto tra i due protagonisti, attraverso il quale una persona socialmente emarginata riesce a trovare uno scopo di vita , sia la critica verso la società giapponese, che ha paura di accettare qualsiasi forma di diversità per evitare di confrontarsi e mettersi in discussione, sono elementi che ci hanno lasciato soddisfatti dalla lettura di questo primo short.
La seconda storia, La Sindrome Che Mi Fece Risvegliare Donna , è un’altra storia che non brilla certamente per originalità. Come il titolo lascia intuire, la trama parte da una premessa già vista e rivista: un uomo che diventa una donna. Questo avvenimento getta totalmente nel panico il ragazzo , che perde all’improvviso tutte le sue certezze e viene progressivamente emarginato dai suoi ex-amici, che non fanno altro che ridicolizzarlo e chiedergli di avere rapporti sessuali. Il protagonista, che già non era esattamente un cuor di leone, ma anzi viene presentato come una persona molto insicura, è totalmente devastato e sopraffatto dagli avvenimenti che lo circondano.
Ad aiutarlo a superare questa situazione ci penserà la sua ragazza, che lo aiuterà a ritrovare sé stesso e a superare questa difficile sensazione. Anche in questo caso, la critica di Fujimoto verso la società giapponese è feroce: invece di aiutare il povero protagonista, comprensibilmente scioccato e a disagio dagli avvenimenti che gli sono capitati, quelli che dovrebbero essere i suoi amici iniziano a vederlo come “il diverso”, una persona che diventa l’obbiettivo di ogni battuta fuori luogo e da sbattere alle frange della società senza alcun rimorso .
Arriviamo dunque alla terza storia: Nayuta, la ragazza della profezia è sicuramente la migliore delle opere qui raccolte e quella in cui più di tutte emerge lo stile di Fujimoto. Ancora una volta vediamo il contrasto tra una società che si oppone al diverso a tutti i costi e un legame capace di andare oltre gli ostacoli, entrambi sorretti da una narrazione e una caratterizzazione dei personaggi vicine alla perfezione .
Nayuta è una bambina nata con poteri sovrumani e incapace di esprimersi in una lingua comprensibile, che, secondo la profezia del titolo, un giorno porterà il mondo intero alla distruzione . Questo causa a lei e a suo fratello Kenji diversi problemi, poiché la maggior parte della popolazione vorrebbe uccidere Nayuta al fine di salvare il mondo dall’altrimenti inevitabile distruzione. I due vengono progressivamente isolati ed emarginati dal mondo: la società non riesce ad accettare Nayuta e Kenji fatica a trovare un lavoro a causa delle dicerie sulla sua sorellina.
I due fratelli provano ad aiutarsi vicendevolmente nella sopravvivenza, ma nessuno dei due capisce le intenzioni dell’altro; entrambi vivono unicamente per aiutarsi, ma non riescono a esprimere il legame di affetto che li lega. Fujimoto crea con questa storia un piccolo capolavoro , difficilmente troverete un altro short con una tale qualità sul mercato.
La quarta e ultima storia, La Sorella Maggiore , è l’unica dove non è presente minimamente l’elemento della follia, e parla di un rapporto tra sorelle a dir poco disastroso: le due protagoniste si parlano a malapena , a causa del complesso di inferiorità che la maggiore delle due nutre nei confronti dell’altra. Complesso di inferiorità che viene alimentato quando la sorellina vince un concorso e il suo quadro viene esposto in bella vista nell’atrio della scuola. Il soggetto del quadro? Un nudo della sorella maggiore .
Proprio come nella seconda storia, la protagonista verrà di conseguenza emarginata dai compagni, che non riusciranno più a toglierle gli occhi di dosso, giudicandola in maniera feroce e con uno sguardo di superiorità. Diventa di fatto la tipa nuda del quadro . Il legame tra le due sorelle rende la storia una lettura ottima, seconda nelle due raccolte solo a Nayuta (con cui si potrebbero tracciare anche diversi parallelismi, ma evitiamo di farlo per non addentrarci troppo nella trama delle singole storie).
Per quanto riguarda l’edizione italiana di Star Comics, come per la raccolta 17-21 sono presenti due versioni differenti del volume: una da 11,5 x 17,5 cm con sovraccoperta al prezzo di 5,90€ e una versione deluxe da 15 x 21 con copertina cartonata rigida al prezzo di 10,90€ . Come nel caso della precedente, ci sentiamo vivamente di consigliare la seconda delle due edizioni: oltre ad essere (ancora) una delle migliori edizioni sul mercato , il prezzo contenuto e decisamente accessibile rispetto alla concorrenza, unita alla qualità generale del volume, la rendono assolutamente un must have per tutti, fan di Fujimoto o meno.
Tatsuki Fujimoto Short Stories 22-26 , continua il percorso di maturità artistica dell’autore , tracciando al suo interno un solco molto profondo tra il Fujimoto giovane e quello più esperto post-Fire Punch. Non è un’opera perfetta, ma sicuramente chi ha preso ed è rimasto convinto dalla bontà della raccolta 17-21 dovrebbe necessariamente prendere anche questa (e terminare il trio con Look Back a fine mese, ndr). Probabilmente si tratta dell’unica opera che consiglieremmo anche a chi non è un fan dei lavori dell’autore , dato che si può distanzia notevolmente dallo stile che lo ha reso più celebre.
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