Che qualcosa sarebbe andato male con Dark Crystal: Age Of Resistance avrei dovuto capirlo da alcuni piccoli fattori prima ancora di cominciare la serie vera e propria.
Primo: in produzione e regia spicca il nome di Louis Leterrier, che tra un Transporter e un Scontro tra Titani sembra avere un feticismo per l’eccesso di azione quasi ai livelli di Micheal Bay.
Secondo: la serie contraddice in maniera pesante uno dei punti cardine del film d’origine – e in generale l’intero world building – nei primi 20 secondi dell’introduzione.
Cominciamo bene…
Dark Crystal: Age Of Resistance è una serie originale Netflix di 10 episodi da un’ora ciascuno, prequel dello storico film del 1982 The Dark Crystal di Frank Oz e Jim Henson.
Il film The Dark Crystal non puntava ad una delle trame più complesse o profonde; era solo una bella favola su un giovane Gelfling, Jen, ultimo della sua specie e cresciuto dai Mistici, che viene a conoscenza di una profezia che lo vede come colui che riporterà la libertà sul pianeta Thra, dominato dai malvagi Skeksis, gli eterni signori del Cristallo della Verità, del quale sfruttano il potere per alimentarsi e assicurarsi così la vita eterna.
Dark Crystal: Age Of Resistance si prefiggeva il compito di raccontare ciò che era successo prima delle vicende di The Dark Crystal, quando la razza dei Gelfling era ancora presente e abbondante su Thra e gli Skeksis erano all’inizio della loro dominazione.
Le vicende di Dark Crystal: Age Of Resistance seguono il percorso parallelo di tre giovani Gelfling appartenenti a 3 dei 7 clan in cui il popolo dei Gelfling è diviso.
I protagonisti sono Rian, una guardia al servizio degli Skeksis presso il loro castello e figlio del capitano delle guardie, Deet, una giovane abitante del sottosuolo che si prende cura della fauna locale, e Brea, l’ultima delle tre figlie di All-Maudra, la regina dei Gelfling, entusiasta e curiosa del mondo che la circonda.
La storia parte quando gli Skeksis, spaventati dalla scoperta che il Cristallo della Verità è ormai allo stremo delle forze e non ha più energia sufficiente a sostenere la loro immortalità, scoprono che è possibile ottenere ulteriore linfa vitale assorbendo l’Essenza dei Gelfling attraverso un macchinario legato al Cristallo stesso.
Rian, Deet e Brea sono i primi ad accorgersi o almeno ad intuire le intenzioni degli Skeksis, ma non vengono creduti dal resto del loro popolo, che vede negli Skeksis dei signori benevoli che pensano unicamente al benessere di Thra, senza sospettare del loro inganno.
Comincia quindi un viaggio dei tre giovani alla ricerca di un modo per smascherare gli Skeksis e unire il popolo Gelfling contro di loro.
Una trama tanto baroccamente articolata si sposa in maniera molto strana con il mondo da cupa favola costruito per The Dark Crystal, ma poteva funzionare; un approfondimento sulle ragioni del complotto degli Skeksis, su come questo si inserisce nel contesto di una società Gelfling tutta da costruire, poteva risultare in un’avventura complessa, ma comunque godibile.
Nonostante la premessa interessante, la serie soffre fin dal primo momento del già menzionato errore di contraddizione con il world building originale, ma su questo si potrebbe anche passare oltre, dato che per il resto la costruzione dell’universo narrativo funziona in maniera ottima.
Thra è un posto bellissimo, pieno di vita e di creature di tutti i generi, tutte con il proprio comportamento peculiare e tutti uniti dalla riverenza per il Cristallo e i suoi protettori.
Ogni ambientazione è costruita in maniera ottima, dalle lussureggianti foreste ai deserti cristallizzati; dai grandi castelli alle umili grotte, tutti luoghi bellissimi e che sprigionano ognuno una sensazione diversa nello spettatore.
La caratterizzazione e l’approfondimento dei personaggi sono in gran parte ottimi, dai molto semplici caratteri dei protagonisti ai più complessi e sfaccettati caratteri degli Skeksis, tutti sono molto bene approfonditi.
Gli Skeksis sono differenziati tra loro rispetto al ruolo che ricoprono nella loro personale società di gruppo e le loro personalità si adattano ad esse.
L’Imperatore, che incarna tutte le ambizioni e le paure degli Skeksis, è quello che più di tutti è ossessionato dal controllo e dalla paura di morire.
Il Generale, dalla mentalità semplice e di poche parole, un mostro per forza bruta, ma con poca lungimiranza.
Il Ciambellano, scaltro architetto di complessi complotti e piani diabolici per essere l’ultimo a rimanere in piedi.
Lo Scienziato, intelligente e poliedrico risolutore di problemi su cui ricade la maggior parte della responsabilità per la cattiva sorte degli Skeksis.
Nel corso della serie lo scontro tra le loro diverse personalità sarà forse il fattore di maggior intrattenimento, perché per gran parte del tempo tutto il resto sarà una noia mortale.
Scartata la prima puntata, a cui sono affidate premesse e introduzione, gli episodi successivi hanno un ritmo molto lento, complice la poca dimestichezza del regista con la gestione di quattro/cinque percorsi paralleli: quelli dei tre Gelfling protagonisti, quello degli Skeksis e quello di Madre Aughra.
La scrittura della storia in realtà non è affatto male.
Salvo un paio tra errori e momenti forzati che in una storia così ampia possono anche essere perdonabili (non da me).
Lo scorrere degli eventi, se raccontato a parole, suona molto fluido e ogni evento risulta collegato in modo logico con gli altri e perfettamente inserito nel contesto del mondo di Thra e nei caratteri dei suoi protagonisti.
L’unica critica grossa che devo muovere verso la scrittura della serie è la pesante presenza della Sindrome di Korra (nome inventato da me), ovvero il far risaltare personaggi femminili rendendo meno profonda e interessante la caratterizzazione di quelli maschili.
Tra i personaggi ricorrenti di Dark Crystal: Age Of Resistance, escludendo gli Skeksis, i personaggi maschili ricorrenti si riducono a 3: Hup, spalla comica, Gurjin, spalla del protagonista, e Rian, che è probabilmente lo spreco più grande.
La sua caratterizzazione si ferma ad un interesse romantico per una sua collega che nasce e muore nel giro della prima puntata e, una volta terminata la parentesi della fuga dagli altri Gelfling, il suo ruolo si riduce a quello di “quello con la spada”. Uno stereotipo poco ispirato di un eroe fantasy.
Niente a che vedere con le ottime evoluzioni dedicate alle protagoniste femminili.
Come quella di Deet, che si vede pian piano privata della sua spensieratezza; di Brea, che abbandona la sua egoistica ricerca di conoscenza per essere una leader rispettata; di Seladon e il suo traumatico percorso di redenzione.
Il vero problema dell’intera serie è la per nulla brillante regia di Louis Leterrier.
Per prima cosa, cinque percorsi diversi da tenere sotto controllo contemporaneamente non sono per nulla facili da gestire e Leterrier si è dimostrato incapace di riuscire in questo compito.
La prima parte della serie, in cui i protagonisti sono divisi e ognuno affronta a suo modo l’indagine sul complotto degli Skeksis, è molto pesante da seguire.
Molte scene con i protagonisti sono largamente evitabili e utilizzate solo per dare abbastanza spazio a tutti.
Ne sono un esempio tutte le scene con Madre Aughra nei primi quattro episodi, molte delle scene con protagonisti Deet e Hup, e molte altre che vengono mostrate solo per ricordare che esistono anche altri personaggi oltre a quello più importante in quel momento.
L’altro grosso difetto della regia di Leterrier scaturisce dalla sua già accennata ossessione per le scene d’azione.
Dubito sia necessario spiegare come non sia una grande idea cercare di realizzare buone coreografie d’azione con degli pupazzi animati meccanicamente, ma Leterrier ha cercato comunque di rendere spettacolari gli scontri e gli inseguimenti con rapidissimi movimenti di camera a mano che in teoria dovrebbero dare dinamicità all’azione, ma nella maggior parte dei casi servono soltanto a aumentare il senso di confusione.
Elemento, questo, che ha particolare rilevanza nel corso della battaglia finale, una delle peggiori mai girate, almeno a mia memoria. Caotica, con molti momenti di incomprensibile pausa, tattiche poco chiare e/o sfruttate male, tanto melodramma e sequenze senza uno scopo.
Dando a Cesare quel che è di Cesare, ci sono momenti in cui Leterrier si ricorda di essere un regista e ci sono alcune sequenza veramente splendide, soprattutto sotto il profilo dark.
Il colloquio di Seladon con gli Skeksis, rappresenta tutta la crudeltà dei signori del Cristallo, la rivolta dei Grulax contro lo Scienziato e la stupenda prima apparizione degli Influenti, sono sequenze talmente belle che viene da chiedersi come possano essere state dirette dallo stesso regista e, nel caso, perché non abbia diretto tutta la serie nella stessa maniera.
Ancora parlando della regia, a compensare le sconclusionate scene d’azione vi sono le ampie panoramiche delle bellissime ambientazioni realizzate per la serie, mostrate in tutta la loro bellezza, ma con movimenti troppo rapidi perché li si possa apprezzare a pieno.
Se la regia si è rivelata in gran parte deludente, il comparto artistico e tecnico – per dirla con il gergo tecnico proprio di un professionale recensore – spacca di brutto.
Il bellissimo mondo progettato da Henson rimane bellissimo dall’82 a oggi.
Leterrier ha recuperato gran parte dei bozzetti e degli appunti lasciati da Henson per la realizzazione degli altri ambienti del mondo antico di Thra, non presenti nel The Dark Crystal originale. Tra questi il palazzo reale dei Gelfling, le grotte, il deserto di cristallo e il Circolo dei Soli.
Tutti i personaggi sono animatronics commissionati per l’occasione, esattamente come lo erano quelli usanti da Henson e Oz nell’82 e ogni fondale, creatura, pianta o ambientazione è completamente ricostruito in studio.
Rispetto al film originale, Dark Crystal: Age Of Resistance può vantare un pizzico di CGI in più per migliorare la resa degli effetti luminosi, dei movimenti delle creature più piccole e dei primissimi piani sugli occhi dei personaggi.
Dato che l’obbiettivo era restituire fedelmente l’effetto originale di The Dark Crystal, la CGI è ridotta al minimo e solo per alcuni effetti speciali che ci vengono mostrati in tutta la loro inutile bellezza, avendo un ruolo puramente accessorio.
Gli animatronics si comportano egregiamente, nonostante i problemi imposti dall’essere per natura poco espressivi, i tecnici della Jim Henson Company sono stati capaci di far muovere il volto dei pupazzi tanto da far almeno percepire le emozioni che provano. Compito non facile.
Buffa, invece, la scelta del tipo di recitazione.
In linea con film d’origine, i doppiatori di Dark Crystal: Age Of Resistance hanno aggiunto alla loro performance attoriale una quantità abnorme di affanni e sbuffi, parlano uno sull’altro, si interrompono spesso e accentuano in maniera esagerata le risate.
Citando Giuseppe Battiston: “recitano come dei termosifoni sfiatati”.
La scelta va ricercata nella necessità di dare profondità emotiva a dei personaggi che per loro stessa natura non ne hanno, ma l’effetto è a tratti comico.
La parte del leone in Dark Crystal: Age Of Resistance la fa il world building.
I luoghi visitati da Rian, Brea e Deet sono magnifici, realizzati alla perfezione e perfettamente mappabili, prova del grande lavoro di studio degli scritti di Henson e di quanta attenzione l’autore abbia messo nella costruzione del suo mondo fantastico.
Non si può dire che i film in animatronics siano invecchiati benissimo nell’era della CGI, ma con un po’ di impegno ed estro artistico si può comunque tirare fuori un buon prodotto anche oggi.
Purtroppo Dark Crystal: Age Of Resistance rimane questo: un buon prodotto, e non un’esperienza indimenticabile come è stato il film da cui prende il nome.
Causa una regia non adatta al prodotto trattato, un paio di buchi di sceneggiatura di una certa grandezza e un difetto di fondo nel prendere una soggetto pensato per ragazzi e renderlo una serie TV con un formato per adulti, Dark Crystal: Age Of Resistance risulta molto pesante da seguire, più facile da raccontare che da vedere. Un classico esempio di ottima storia raccontata in maniera pessima.
La serie ha come suo grosso punto di forza il meraviglioso world building, ma per averne un assaggio più che buono dei paesaggi e delle ambientazioni di Thra è sufficiente la prima puntata, dove vengono mostrate tutte tutte le ambientazioni al di fuori del deserto di cristallo.
Il progetto alla base di Dark Crystal: Age Of Resistance è quello di riportare in vita un mondo narrativo direttamente dagli anni ‘80 con un’adeguata modernizzazione, avendo in mente un pubblico nostalgico del periodo e sperando che qualcuno dei più giovani possa apprezzarlo.
In questo senso Stranger Things ha fatto scuola, ma c’è differenza tra un progetto originale realizzato per un pubblico quanto più ampio possibile e un soggetto per una storia concepita specificatamente per ragazzi.
The Dark Crystal ai tempi era una storia, per quanto cupa e dalle immagine piuttosto forti, che non voleva essere niente più che un’ottima favola per ragazzi.
Mischiando con degli intrighi alla Game Of Thrones Leterrier ha tentato di trasformarla in una serie per tutti, ma l’ossatura da storia per ragazzi immaginata da Henson è rimasta ed è troppo forte per essere diluita in 10 ore per stagione.
Ricordo infatti che questa di Dark Crystal: Age Of Resistance è solo la prima stagione, un banco di prova per vedere se la serie funziona e se è il caso di portarla avanti.
Per quel che mi riguarda la serie ha fallito nel rispettare le aspettative che si era creata e non merita di continuare.
Posso consigliarla a qualche curioso che avesse voglia di qualcosa di diverso dal solito, ma se è questa l’intenzione consiglio piuttosto di recuperare il film The Dark Crystal; la differenza tecnica si percepisce appena grazie all’immenso fascino degli animatronics e la trama è molto meno impegnativa e pesante da seguire.
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